Culture
Evangelisti e il diario della malattia: "Non voglio posare a vittima o eroe. Scrivere mi ha aiutato a 'evadere'..."
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di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton
Valerio Evangelisti, classe '52, tra i più apprezzati scrittori italiani di fantascienza, fantasy e horror (ricordiamo, tra gli altri, il ciclo di romanzi dell'inquisitore Nicolas Eymerich e la trilogia di Nostradamus), ha deciso di raccontare in un breve romanzo autobiografico ("Day Hospital", Giunti, nella collana Italiana, diretta da Benedetta Centovalli) l'improvvisa scoperta di un linfoma non Hodgkin di tipo B aggressivo che ha sconvolto la sua vita negli ultimi anni. Affaritaliani.it ha parlato di "Day Hospital" con lo scrittore bolognese, che ora ha "domato" la malattia.
Evangelisti, non manca l'auto-ironia in questa sorta di diario del calvario (cominciato nel maggio 2009) di esami e sedute di chemioterapia che ha affrontato: la malattia ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti della scrittura, e della letteratura?
"No, non è cambiato nulla. Però direi che il fatto di scrivere mi è stato di molto conforto nei momenti peggiori. Potevo evadere dalla mia condizione".
Negli ultimi mesi sono stati pubblicati molti testi autobiografici - spesso diventati dei bestseller - in cui gli autori raccontano storie di dolore e rinascita. Anche il suo "Day hospital" si inserisce in questa tendenza? Quando ha deciso che quest'insieme di corrispondenze scambiate con lettori e amici sarebbe diventato un libro da pubblicare?
"Tutto nacque quando il Corriere della Sera mi chiese un racconto da allegare al giornale. Non ne avevo sottomano, così decisi di parlare di me stesso. Misi però subito in chiaro le mie intenzioni. Non volevo trattare di
sofferenze o rinascite, ma solo narrare una storia nella maniera più semplice e stringata possibile. Senza posare a vittima o eroe".
Pensa che la lettura di "Day hospital" possa aiutare chi, personalmente o indirettamente, sta facendo i conti con una grave malattia?
"Io ci spero. La parte sconosciuta ai più è cosa accade dopo che la malattia è domata (non propriamente sconfitta: serve un tempo molto lungo per essere ragionevolmente certi che non si riaffaccerà). Sul 'dopo' anche i migliori medici sono reticenti. Io ne parlo senza fronzoli. A qualcuno potrebbe servire".