Banche popolari/ Renzi blinda la riforma. Su Affaritaliani.it il testo che fa discutere
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
"Fiducia o non fiducia, l'articolo 1 del decreto banche, quello che avvia la riforma degli istituti popolari, così com'è uscito dalla Commissione Finanze della Camera e che ora arriva in Aula a Montecitorio non si tocca neanche di una virgola". Lo dice ad Affaritaliani.it Marco Causi, relatore del decreto Investment compact che contiene al suo interno la riforma delle banche popolari. Riforma che quindi prevede, visto che il governo andrà avanti per la propria strada con due correttivi che fanno contente le forze politiche che in un primo momento avevano cercato di difendere le prerogrative di Assopopolari, l'obbligo per i dieci istituti di credito popolare più grandi d'Italia (con attivi superiori agli otto miliardi di euro) di trasformarsi in Spa (attraverso l'abolizione del voto capitario) entro 18 mesi, ma con l'introduzione di un tetto all’esercizio del diritto di voto in assemblea al 5% per 24 mesi (un periodo transitorio) dalla conversione del decreto.
Il ritocco del limite del 5% è il primo contentino concesso dal governo Renzi per calmare i mal di pancia del mondo delle Popolari (ma che di fatto non intacca sostanzialmente gli effetti del provvedimento di Palazzo Chigi) a cui si somma la possibilità di aumentare da 10 a 20 il numero delle deleghe conferite a un socio in assemblea negli istituti esclusi dall'obbligo di trasformazione in Spa. Modifica che rappresenta il secondo contentino-compromesso che di fatto aumenta la presa dei poteri locali sulle banche popolari più piccole. Una modifica che per il M5S "sconfessa la finalità che vorrebbe portare avanti Renzi con l'introduzione della riforma e cioè un'azione contro la troppa concentrazione del potere sul territorio". Indipendentemente, quindi, dal ricorso alla fiducia questa sarà la configurazione definitiva del mondo delle banche popolari che, per le più grandi, subirà, come ha scritto ieri la banca d'affari americana Goldman Sachs, "un'ondata di fusioni" proprio grazie alle nuove norme.
"Siamo decisamente contrari a questa riforma", commenta ad Affaritaliani.it Carla Ruocco, deputata M5S e membro del direttorio pentastellato voluto da Grillo e Casaleggio. "Una riforma che, accampando la scusa del controllo all'interno delle banche cooperative che non avevano più finalità mutualistica, - prosegue la deputata grillina - le capitalizza. Di fatto, si stronca il male ma buttando via il bambino con tutta l'acqua sporca, penalizzando ancora una volta il credito all'impresa".