Economia
Banche venete, spunta il convertibile. Così Padoan può evitare il bail-in

Banche popolari venete/ Se l'Europa non farà sconti Padoan suggerirà emissione bond convertibili o ibridi per reperire i capitali privati
Per Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca si allontana l'ipotesi di una discesa in campo di qualche grande nome del private equity come Atlas, Centerbridge, Warburg Pincus o Baupost nel ruolo di "cavaliere bianco" e al Tesoro provano a battere un'altra strada per sbloccare la vicenda ed evitare il ricorso al "bail in", che non imporrebbe il richiamo immediato dei 30 miliardi circa di prestiti "in bonis" che i due istituti hanno concesso, ma verosimilmente accelererebbe la fuga della clientela e renderebbe alquanto complicato salvare i due istituti, se si pensa alla fatica già fatta per "accasare" le quattro banche nate dalla risoluzione (e successiva "ripulitura" delle sofferenze su credito) di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFe.
Pier Carlo Padoan, secondo le ultime voci, potrebbe presentare una prima richiesta alle autorità europee, ossia di non vincolare al reperimento di un ulteriore miliardo di euro di capitali privati il via libera alla procedura di ricapitalizzazione precauzionale, appena concessa (sia pure in modo condizionato) per Mps e che sarà forse richiesta a brevissimo anche dal Banco Popular Espanol. Se tuttavia non fosse possibile evitare questa ulteriore iniezione di capitali privati, constatata l'indisponibilità del sistema bancario nazionale o di altri soggetti a farsi carico di un simile esborso, Padoan potrebbe proporre di farvi fronte tramite l'emissione di strumenti ibridi di capitale, come bond convertibili o bond "additional tier 1".
Gli uni come gli altri sono strumenti di debito con caratteristiche tali da renderli facilmente assimilabili al capitale che al giusto prezzo potrebbero essere collocati presso investitori istituzionali specializzati in investimenti in debito "distressed" o "special situation" come Atlas, ma anche Igi Group o Attestor, nomi già comparsi in questi anni nelle vicende bancarie italiane, da Mps a Banca Carige, in veste di investitori effettivi o potenziali. A dare sostegno a questa ipotesi di lavoro vi sarebbe anche un precedente "illustre", quello della portoghese Caixa Geral de Depositos, arrivato nel 2016 alle soglie del fallimento prima di essere autorizzato (lo scorso marzo) dalla Commissione Ue a procedere ad una ricapitalizzazione da 3,9 miliardi, di cui 930 milioni reperiti proprio tramite l'emissione di un bond "additional Tier 1" destinato ad investitori privati.
Sia i bond subordinati convertibili, come il "perpetual" emesso nel 2008 da Banca Carige e sottoscritto da Generali sulla cui eventuale conversione si sarebbe consumata la definitiva rottura tra l'amministratore delegato della banca, Guido Bastianini, e il vicepresidente e socio di controllo (col 17,588%) Vittorio Malacalza, sia gli "additional tier 1" o AT1, come quello che Unicredit ha da poco collocato presso investitori istituzionali per 1,25 miliardi a fronte di richieste per oltre 3 miliardi di euro sono strumenti che hanno un largo mercato in Italia e che potrebbero fare al caso delle due ex popolari venete.
Avrebbero tuttavia lo svantaggio di costare, verosimilmente, non poco: Unicredit per collocare il suo "perpetual" ha dovuto offrire un tasso fisso del 6,625% per i primi 6 anni di vita, con la facoltà di un rimborso anticipato dopo tale scadenza o di mantenere il titolo in circolazione pagando una cedola annua pari al tasso swap a 5 anni maggiorato del 6,387%, da ricalcolare ogni anno. Da ricordare tuttavia che questo tipo di bond partecipa all'assorbimento delle perdite della banca nel caso in cui gli indici di riferimento dell'emittente scendessero sotto un livello prestabilito e che in caso di perdite il pagamento degli interessi viene sospeso.
Nel frattempo i due istituti cercano di portare a termine le dismissioni già programmate: da un lato Bper, affiancata da Creval e Banca popolare di Sondrio, dovrebbe rilevare il 40% detenuto complessivamente dai due istituti in Arca Sgr, dall'altro Banca Intermobiliare (Bim, controllata all'80% da Veneto Banca) ha concesso a Banca Zarattini un periodo di esclusiva di 30 a giorni, a partire da oggi, per definire la cessione del 100% del capitale della controllata Bim Suisse. In tutto questo il fattore tempo resta, come ha fatto notare anche Massimo Lanza, presidente di Veneto Banca, "un problema molto, molto, molto importante".
Se grazie al potenziale supporto dello stato (attraverso la ricapitalizzazione precauzionale) Veneto Banca ha per Standard & Poor's un rating B con outlook negativo, senza il supporto pubblico "il rating attualmente sarebbe CCC o CCC+" come ha osservato Mirko Sanna, director financial service dell'agenzia di rating, che ha poi aggiunto: "il principale rischio è legato alla percezione che possono avere investitori e depositanti" delle due ex popolari. Per questo, sbloccata la vicenda Mps, al Tesoro si preparano ad un ultimo serrato confronto con le autorità europee e coi potenziali investitori privati da coinvolgere nell'operazione: rinviare ancora la decisione finirebbe col rendere lo scenario peggiore, il "bail in", sempre più probabile.