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Economia
Benetton jr col pallino della moda. Gli affari a gonfie vele di 21 Invest

Negli affari, come in guerra, non contano solo le vittorie ma anche le sconfitte evitate. E’ di questi giorni l’indiscrezione che Pittarosso, azienda veneta proprietaria dell’omonima catene distributiva di calzature e accessori, stia finendo di preparare una richiesta di concordato preventivo col fondo Pillarstone che secondo il Sole24Ore avrebbe già rilevato una porzione significativa del debito e altri investitori come KKR pronti ad entrare in partita dopo che già dal 2019 Lion Capital aveva impostato un percorso di ristrutturazione per cercare di superare una crisi che è antecedente alla pandemia di coronavirus, ma che non ha potuto che aggravarsi in questi mesi di forzato blocco.

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Lion Capital aveva rilevato nel 2014 da 21 Investimenti e Quadrivio Sgr il gruppo, fondato 94 anni fa come Pittarello Rosso dal nome della famiglia fondatrice e poi “ritargato” con l’attuale nome pochi mesi prima dell’arrivo di Lion Capital, per una valutazione che si disse essere pari a 280 milioni di euro ossia circa 10 volte l’Ebitda dell’epoca (28 milioni) e superiore al fatturato (233,5 milioni) che nel 2017 era sì salito a quasi 370 milioni, ma a fronte di un Ebitda in calo a poco più di 16 milioni. 

In Pittarosso la società d’investimenti di Alessandro Benetton (secondogenito di Luciano, sposato con l’ex campionessa di sci alpino Deborah Compagnoni con cui ha avuto tre figli, Agnese, Tobias e Luce) era entrata nel 2011 rilevandone il 79% sulla base di una valutazione che si disse essere di 150 milioni a fronte di 120 milioni di euro, il restante 21% essendo rimasto in mano ai fratelli Gianni Ivo, Pierluigi, Vittorio e Lorenzo Pittarello. Senza dover “pompare” eccessivamente le valutazioni, la 21 Investimenti riuscì quindi in soli 3 anni a quasi raddoppiare il capitale investito.

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Altri tempi, prima dell’esplosione della concorrenza asiatica e della pandemia, ma certo ottimo timing da parte di Benetton, un “ingrediente” indispensabile a fare la differenza tra successo e insuccesso in affari come in guerra, appunto. Nel carniere di 21 Investimenti restano peraltro molte “prede”. Restringendo il campo all’Italia, Alessandro Benetton punta sulle borse di qualità, ma a prezzi abbordabili, di Gianni Chiarini, avendo rilevato nel 2017 il 60% della holding capogruppo Contemporary Bags (cui fa capo anche il secondo marchio, Gum, borse in pvc anziché in pelle).

Il 40% è stato riacquistato dal fondatore, col supporto finanziario di Credit Suisse, affiancato dall’amministratore delegato Cristina Cortesi, manager con grande esperienza nel settore avendo già ricoperto posizioni apicali in Furla, Alessandro Dell’Acqua e Bulgari (per la business unit Accessori). Massima riservatezza sul prezzo pagato, ma visto che stiamo parlando di un gruppo all’epoca con Ebitda sui 7 milioni e giro d’affari di 35-36 milioni è verosimile che la valutazione sia stata attorno ai 50-60 milioni per il 100%.

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Poco prima di puntare su Chiarini, 21 Investimenti aveva già deciso di entrare nelle sneaker di fascia alta di Philippe Model, marchio  francese presente sul mercato fin dal 1981 ma cuore italiano. Le sneaker sono infatti prodotte dal 2008 in Veneto, a Vigonovo, grazie ad una collaborazione col designer Paolo Gambato. Anche in questo caso ad essere stata rilevata fu la quota di controllo (70%), coi due founder, Gambato e Roberto Doro rimasti soci di minoranza ed al proprio posto (di direttore creativo e direttore generale), affiancati da Andrea Pesaresi (manager con una lunga carriera ai vertici di Zegna) nel ruolo di amministratore delegato. 

Di dimensioni maggiori (100 milioni di fatturato al momento dell’acquisizione), Philippe Model potrebbe aver spuntato multipli più elevati di Chiarini, in linea con quelli di Pittarosso e dunque attorno o sopra i 100-120 milioni di euro. Ma l’abbigliamento/moda non è il solo settore in cui Alessandro Benetton investe, anzi. In portafoglio di 21 Investimenti vi è tuttora, ad esempio, il 36% di Zonin 1821 (pagato 65 milioni di euro nel 2018 attraverso un aumento di capitale riservato, sulla base di una valutazione del 100% attorno ai 180 milioni, poco meno dei 201 milioni di fatturato di quell’anno).

(Segue...)

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