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Economia
Bolloré-Arnault in aiuto dei Lagardère: capitalismo “patriottico” contro Amber

Se il capitalismo italiano è spesso definito un capitalismo “di relazioni” e “familiare”, come si potrebbe definire quello francese? Prendiamo il caso del gruppo francese Lagardere, da anni in crisi.  Formalmente nato agli inizi degli Novanta, il gruppo fu forgiato da Jean-Luc Lagardère, un ingegnere parigino che aveva iniziato la sua carriera in Dassault Mirage divenendo poi Ceo di Matra.

 

Rilevate agli inizi dagli anni ottanta le attività appartenute alla famiglia Hachette, Jean-Luc Lagardère (la cui passione per l’equitazione lo portò a rilevare in quegli stessi anni il celebre allevamento Haras d’Ouilly dalla famiglia Dupré) dette vita alla conglomerata Matra, Hachette & Lagardère, spaziando all’epoca dall’industria aerospaziale all’editoria su carta fino a quella televisiva.

 

Alla sua morte il figlio Arnaud Lagardère (titolare di una partecipazione del 7,26% del gruppo editoriale che porta il suo cognome) ne prese il posto come “general partner”, vendette la partecipazione in Renault e le attività collegate al settore automotive e acquistò Vivendi Universal Publishing. Dopo un intervento dell’Antistrust francese dovette però vendere il 60% delle attività, scorporate sotto il nome di Editis (rimaste sotto il controllo di Vivendi) e “accontentarsi” di mantenere il restante 40% di attività.

 

Negli anni più recenti il gruppo ha iniziato una lunga “cura dimagrante”: nel 2011 vennero ceduti ad Hearst Corporation i magazine internazionali per 651 milioni di euro (mantenendo peraltro la licenza sullo sfruttamento del marchio Elle), nel 2016 la divisione sport endurance fu ceduta alla World Triathlon Corporation, dal 2018 ha infine preso il via un programma di graduale cessione di tutte le restanti attività editoriali (come Paris Match, il canale televisivo M6 e Virgin Radio, oltre alla licenza del marchio Elle).

 

Una strategia che secondo il fondo attivista Amber, entrentato nel capitale a fine 2016 e poi salito al 16% del capitale (14% dei diritti di voto), ha finito col distruggere anziché creare valore. Questo a causa di conflitti d’interesse e di una cattiva gestione del gruppo contro la cui “governance bizantina” il fondo (già andato all’attacco in passato della famiglia Besnier, proprietaria di Lactalis cui fa capo tra l’altro l’italiana Parmalat) è partito all’attacco sin dall’assemblea 2017.

 

Da allora le quotazioni di Lagardère si sono prima perse l’ultima gamba del rialzo dei mercati, oscillando tra I 28,85 euro di inizio maggio 2017 ai 24.25 euro di due anni dopo, per poi iniziare a scivolare dapprima gradualmente (a fine gennaio scorso, prima dell’esplodere della pandemia di Covid-19, le quotazioni erano già sotto i 19 euro per azione) e poi modo sempre più accentuato (il titolo vale al momento circa 12,7 euro). E questo nonostante che gli “amici” di Arnaud si siano subito attivati nel momento del bisogno per creare una cintura di protezione.

 

Il primo a muovesi è stato a inizio maggio Vincent Bolloré, entrato con Vivendi col 10,6% (8% dei diritti di voto) nel capitale di Lagardère in tempo utile per schierarsi in assemblea contro la lista per il Consiglio di sorveglianza (in cui Lagardère ha fatto entrare l’ex presidente francese Nicolas Sarkosy e l’ex ceo di Sncg, le ferrovie francesi, Guillaume Pepy) proposta da Amber, lista che è stata così respinta salvando la poltrona ai massimi esponenti del’establishment francese.

 

Vivendi ha poi continuato a comprare e la settimana scorsa è arrivata al 16,48% (12,41% dei diritti di voto). Nel frattempo sono scesio in campo anche il finanziere Marc Ladreit de Lacharrière (con  Fimalac al 3,5% del capitale di Lagardère) e il patron di Lvmh, Bernard Arnault (già attivo nel settore editoriale con Les Echos e Le Parisienne) che con la propria holding, Gruppo Arnault, è entrato con circa il 25% nel capitale di Lagardere Capital & Management, holding che attraverso Arjil Commanditee - Arco controlla Lagardere Sca.

 

Se Bolloré è un amico di vecchia data non solo dei Lagardère ma anche dell’ex presidente Sarkoy, “i gruppi familiari Bernard Arnault e Arnaud Lagardere agiranno di concerto rispetto a Lagardere Sca”, sottolinea una nota ufficiale sottolinendo la natura amichevo dell’operazione annunciata. Insomma: facile fare i liberali e criticare il capitalismo familiare altrui, ma quando si tratta di tutelare gli interessi “patriottici”, la Francia non è seconda a nessuno, con intrecci tra politica e affari che ricordano più un romanzo dei Dumas che un manuale di finanza d’azienda.

 

 

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    Tags:
    editoria francese




    
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