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Economia
Cdp, le voglie di Arcuri per la Cassa. Ma la poltrona di Ceo si decide in 6

C’è un motivo per cui l’onnipresente Domenico Arcuri, la cui professione scritta sulla carta d’identità è quella di amministratore delegato di Invitalia, sta accettando tutti gli incarichi di grande responsabilità (e i gravosi impegni che ne conseguono e che lo espongono non poco anche a critiche) che gli sono stati proposti da Palazzo Chigi.

Nell’ordine: a marzo il premier Giuseppe Conte gli ha chiesto di occuparsi, da super commissario governativo, della complessa gestione dell’emergenza Covid (dai respiratori e dai posti in terapia intensiva negli ospedali fino all’acquisto dei banchi singoli a rotelle per garantire il distanziamento sociale nelle scuole). Incombenza già h24.

Nel frattempo, Arcuri ha però trovato il tempo di rimettersi la giacca manageriale di numero uno di Invitalia per andare a trattare con gli indiani di ArcelorMittal, squali mica da poco e strutturare il nuovo ingresso dello Stato nell’ex Ilva. Un dossier tutt’altro che risolto (cassa integrazione, dissequestro dell’area a caldo, ricorso contro la vecchia Aia, governance ecc…) e la cui conclusione ha sforato di 10 giorni il termine ultimo del 30 novembre.

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A metà novembre, poi, l’ultimo carico da 90, sempre messo sul tavolo da Conte, a cui Arcuri ha risposto con integerrimo spirito di civil servant, compito da far tremar i polsi: responsabilità del piano operativo per la distribuzione dei vaccini anti-coronavirus in tutto il territorio italiano.

Oltre alla distribuzione, il manager ex Luiss in Invitalia dal 2007 sarà chiamato a gestire anche la conservazione delle dosi e le spedizioni, elementi non trascurabili visto che, ad esempio, i vaccini della Pfizer vanno conservati a circa 70° sotto zero. Fino ad ora, Arcuri non si è mai tirato indietro. Ha sempre risposto affermativamente alla chiamata suprema di Chigi.

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Il motivo? La regola aurea per chi insegue il proprio posto di lavoro dei sogni è quella di investire nella propria carriera soprattutto così, facendosi cioè trovare sempre pronti e affidabili e attendendo che arrivi il proprio turno, specialmente quando all'orizzonte si palesa la meta. Meta che nel caso di Arcuri è la stanza dei bottoni in Via Goito, dove ad aprile scadrà il mandato di Fabrizio Palermo.

Nei Palazzi romani infatti è quasi ormai un segreto di Pulcinella che il 57enne super commissario punti al ruolo di amministratore delegato della potente Cassa Depositi e Prestiti, poltrona che però Palermo, dopo un triennio alla guida, non ha alcuna intenzione di lasciare. Specialmente ora che il braccio finanziario del Tesoro che gestisce il risparmio postale degli italiani sta per entrare nel vivo delle ennesime due importanti partite “di sistema”, come la costruzione della rete internet nazionale ultraveloce e la gestione della concessione autostradale dopo l'uscita dei Benetton.

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Chi lavora spesso ai principali dossier finanziari del Paese come advisor spiega ad Affaritaliani.it che la carica di amministratore delegato di Cdp verrà assegnata attraverso l’interazione di sei soggetti: l’ex capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio, il segretario del Pd Roberto Zingaretti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il duo del Tesoro Gualtieri-Rivera, le Fondazioni rappresentate ora dal numero uno della Compagnia Sanpaolo Francesco Profumo e il premier Conte.

La fonte spiega che Palermo, oltre alla storica sponsorship dei grillini che lo hanno voluto nel 2018 assieme alla Lega su quella poltrona, gode di appoggi trasversali: Gualtieri infatti sarebbe pronto a riconfermalo e pare che il numero uno di Cdp possa anche contare sul viatico di tutto il Nazareno. Sulla carta, quindi, la partita sembrerebbe senza storia e la riconferma per un altro triennio sarebbe già in tasca dell’attuale inquilino di Via Goito. Ma, conclude la fonte, il game non è ancora over: le chance di Arcuri dipenderanno da quanto Conte vorrà spingerlo, ricompensandolo delle sue “sette fatiche”.

@andreadeugeni

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