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Economia
Confindustria: investimenti deboli, urgente accelerare Pnrr
Carlo Bonomi

Pnrr: Csc, urgente accelerazione, investimenti deboli

La dinamica degli investimenti fissi in Italia si è sostanzialmente bloccata nel 2023 (-0,2% tendenziale nel 3° trimestre), rispetto ai brillanti ritmi del 2021-22. Quelli in costruzioni calano di più, ma la flessione si è estesa a macchine e attrezzature (-0,4% nel 2°, -0,9% nel 3°). Sulla base di indicatori e driver di fondo, la loro dinamica potrebbe migliorare quest’anno. Ciò è essenziale per la crescita di breve e lungo periodo. E, in questo quadro, "è urgente accelerare sul Pnrr". E' la sollecitazione che arriva dal Centro Studi di Confindustria in un focus su Congiuntura Flash. I segnali degli indicatori che monitorano la dinamica recente, che hanno toccato i minimi verso fine 2023, tracciano un quadro di stabilizzazione degli investimenti, non più calo: nel 4° trimestre sono migliorate le condizioni per investire, pur restando negative (saldo a -20,9%, da -31,0%); l’incertezza, cruciale per le decisioni di spesa delle imprese, si è ridotta nei 3 mesi fino a gennaio 2024 (-4,7% l’indice sui 3 mesi precedenti); gli ordini delle imprese produttrici di beni strumentali sono poco sopra i minimi, col recupero di gennaio; ciò si riflette in una produzione del comparto in lieve recupero a fine 2023; la domanda (misurata dagli ordini manifatturieri) è migliorata poco a inizio 2024. Ultimi dati più rosei per gli investimenti in costruzioni: il balzo a dicembre di RTT indica un forte recupero, forse legato alla scadenza a fine anno del Superbonus. Inizia ad allentarsi per le imprese italiane la tensione sul credito bancario, il cui calo si è attenuato per il terzo mese consecutivo: a dicembre 2023 -3,9% annuo (da -6,7% a settembre). Va peggio rispetto agli altri grandi paesi europei: in Spagna il calo annuo è poco minore (-3,6%), mentre in Germania (+1,5%) e Francia (+2,4%) i prestiti sono in espansione. Il minor credito, dovuto ai tassi alti che comprimono la domanda e a una stretta dell’offerta, impatta quindi sulla competitività della manifattura italiana. I dati più a breve, però, mostrano che in Italia la flessione dei prestiti si è quasi annullata (-0,3% a dicembre 2023 da settembre) rispetto ai crolli precedenti (-4,3% negli stessi tre mesi del 2022). E i flussi di credito sono attesi tornare positivi nella seconda metà del 2024, sulla scia della prevista riduzione dei tassi.

Il costo del credito per le imprese in Italia è aumentato rapidamente da maggio 2022, quando era all’1,19%, arrivando al 5,46% a dicembre 2023 (picco a 5,59% a novembre). Si tratta di un tasso più alto rispetto a quello che pagano le imprese in Germania (5,19%), Spagna (5,02%), Francia (4,87%). Questo sta pesando sui costi delle imprese italiane e sulla loro competitività rispetto ai partner UE. Tuttavia, le prospettive di un taglio dei tassi BCE nei prossimi mesi alimentano l’attesa di una moderazione del costo del credito e ciò potrebbe agevolare gli investimenti nella seconda parte dell’anno; a inizio 2024, al contrario, ciò può ritardare le decisioni di investimento proprio in attesa che il taglio si materializzi.

Finora sono stati spesi quasi 41 miliardi di euro su 194,4 di risorse RRF (21%), di cui solo 13,1 nel 2023. La maggior parte delle spese riguarda misure pre-esistenti e/o incentivi fiscali (Ecobonus, crediti d’imposta Transizione 4.0). Nel 2024-26 la spesa sarà su livelli inediti e sfidanti, con il rischio di non riuscire a realizzarla entro i termini: oltre 42 miliardi nel solo 2024. Tuttavia, un segnale incoraggiante viene dai quasi 100 miliardi di risorse già impegnate dai soggetti attuatori del Piano.

Per il Csc, è positiva la rimodulazione del Pnrr, che focalizza maggiori risorse verso gli investimenti per circa 12 su 14 miliardi (6,3 per Transizione 5.0, 2,5 per filiere green e net zero technologies). Positivo anche l’utilizzo di strumenti automatici per velocizzare la spesa e la raggiungibilità dei target. Resta però elevata incertezza sulle fonti di finanziamento sostitutive per le misure fuoriuscite dal Piano, che potrebbero indebolire gli investimenti infrastrutturali. Il provvedimento (atteso per gennaio) con le misure necessarie a declinare il Piano rimodulato sarà varato nei prossimi giorni. Molte imprese stanno rinviando investimenti in attesa della definizione delle agevolazioni (Transizione 5.0). Dunque la prima metà dell’anno potrebbe registrare una dinamica piatta degli investimenti, ma in seguito è attesa una ripartenza, modesta, grazie a miglioramento nel credito e attuazione del PNRR.

Pil: Csc, in primo trim. sostenuto da aumento fiducia, industria verso fine flessione

Dopo la crescita dello 0,2% di fine 2023, grazie al contributo di servizi e costruzioni, il Pil italiano nel primo trimestre 2024 "è sostenuto da fiducia in aumento e inflazione poco sopra i minimi. L’industria sembra vicina ad archiviare la fase di flessione, ma i tassi rimarranno alti più a lungo dell’atteso": da parte di Bce e Fed "ora il primo taglio è atteso per maggio, non più per marzo-aprile" ma per il momento "i tassi sovrani ne hanno risentito poco". Lo si legge nella Congiuntura Flash elaborata dal Centro Studi di Confindustria che - evidenziando uno scenario di 'luci e ombre' - segnala come permanga "il freno ai flussi commerciali dovuto alla riduzione dei transiti nel canale di Suez".

Lavoro: Csc, indicatori in miglioramento, potere acquisto salari sosterrà consumi

Migliorano gli indicatori sull'occupazione con un tasso di occupazione che a dicembre 2023 è salito al 61,9% (dal 59% di fine 2019) mentre la disoccupazione è scesa al 7,2% (dal 9,7%). Lo si legge nella Congiuntura Flash del Centro Studi di Confindustria che evidenzia come tuttavia "l’espansione dell’occupazione ha perso slancio a novembre-dicembre, ed è ora legata a doppio filo all’andamento dell’attività economica".

"Il recupero del potere di acquisto dei salari, iniziato dalla primavera 2023, è atteso in rafforzamento nel 2024 e, solo in parte, sosterrà i consumi delle famiglie". Su questo punto peraltro si registrano "segnali misti": il Csc evidenzia come "si va esaurendo il finanziamento dei consumi con il risparmio, che anzi verrà ricostituito grazie all’aumento del reddito reale". I tassi alti, infine, mantengono "negativi i giudizi sull’opportunità di acquisto di beni durevoli".






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