Economia
Ecco perché il debito pubblico continua ad aumentare
Il nostro debito corrisponde a tutta la ricchezza che l’Italia produce in un anno e quattro mesi. Se dedicassimo ad estinguere il debito tutta la ricchezza che
Un articolo della Stampa, a firma del prof.Franco Bruni, della Bocconi, ha questo titolo: “L’obbligo di ridurre il debito”. Il testo è interessante, ma al lettore di giornali può venire qualche dubbio. Non sull’obbligo, sia giuridico sia economico, di ridurlo, ed anche di rimborsarlo: ma sulla possibilità di adempiere quell’imperativo. Non basta dovere, bisogna anche potere.
Chiunque volesse esporre il problema del debito pubblico si troverebbe innanzi tutto di fronte ad una difficoltà che sembra stupida, ma è quasi insuperabile: come spiegare a chi non se ne sia seriamente occupato a quanto ammonta, in modo che se ne faccia un’idea realistica?
Per chi guadagna millecinquecento euro al mese, dire che si tratta di 2.250miliardi di euro non significa molto. È come parlare di anni-luce. Né le cose vanno meglio se si scrive il numero per esteso: 2.250.000.000.000. Quando gli zeri sono tanti, aggiungerne o toglierne uno, che cosa cambia?
Un primo parametro più realistico è il riferimento al pil. Il nostro debito corrisponde a tutta la ricchezza che l’Italia produce in un anno e quattro mesi. Se dedicassimo ad estinguere il debito tutta la ricchezza che l’Italia produce in un mese, ci vorrebbero ancora sedici anni.
Altro parametro. Attualmente un lavoratore con moglie e tre figli paga circa cinquemila euro l’anno soltanto per gli interessi sul debito pubblico. Ma se venisse meno, improvvisamente, il QE, ammesso che per fortuna l’Italia non fallisse, forse quel lavoratore dovrebbe pagare dieci o dodicimila euro d’interessi. Sempre che possa.
Quanto poi a ciò che quel capofamiglia dovrebbe versare per ripagare l’intero debito, ecco qualche calcolo. Poiché 2.250.000.000.000€ diviso sessanta milioni di italiani fanno 37.500€ ciascuno, per una famiglia di cinque persone un lavoratore dovrebbe rimborsare 187.500€. Naturalmente in aggiunta alle tasse che già paga. Ovviamente il problema neppure si pone.
Ora, se è assolutamente impossibile ripagare il debito, e se è praticamente inutile ridurlo, a che scopo parlarne? Ci basterebbe che non aumenti, ma neanche questo abbiamo ottenuto. Malgrado tutti i “successi” quotidianamente da lui vantati, esso ha continuato ad aumentare anche con Matteo Renzi. E quando questi ha ottenuto diciannove miliardi di “flessibilità” in più (permesso di fare ulteriori debiti) per rilanciare l’economia italiana, con essi è soltanto riuscito a rilanciare il debito pubblico. Per non dire che non ha saputo profittare della fortunata e temporanea bonanza sugli interessi provocata dal Quantitative Easing.
Nelle condizioni attuali, l’unico problema che si può tentare di affrontare, almeno per qualche tempo, è tenere calmi i mercati, in modo che ci permettano di vendere quei nuovi titoli di debito pubblico col cui ricavato rimborsare quelli venuti a scadenza. Purtroppo, il Quantitative Easing, come dice anche il prof.Bruno, è destinato prima a ridursi e poi ad esaurirsi. E così, non potendo l’Erario tassare gli italiani in modo da pagare interessi vertiginosi, ed essendo dunque costretto ad aumentare il debito, c’è il rischio concreto che le Borse si allarmino seriamente, con conseguenze che fanno spavento. Esse potrebbero cessare di credere alla possibilità di ulteriori rinvii del redde rationem, potrebbero non comprare i nostri titoli e noi, non potendo nemmeno far funzionare la nostra Zecca giorno e notte, dovremmo dichiarare fallimento.
Tuttavia non saremmo i soli a piangere. Infatti ci porteremmo dietro l’euro e l’Unione Europea. E proprio per questo qualcuno pensa che in realtà il disastro non si verificherà. Non perché siamo già falliti; non perché le Borse, fatalmente, non si allarmeranno un giorno o l’altro: soltanto perché il nostro fallimento costerebbe troppo ai partner europei e dunque essi ci aiuteranno.
Il ragionamento ha un suo senso. È per questa ragione che si continuano a regalare miliardi ad Atene. Ma la Grecia economicamente è una pulce, rispetto all’Italia. Dunque non è detto che gli altri Paesi, sia pure tassandosi a morte, sarebbero abbastanza potenti per salvarci. Inoltre i possibili salvatori hanno ormai un debito pubblico simile al nostro. Se il nostro corrisponde al 133% del pil, quello della Francia corrisponde al 90% e più del suo. Dunque gli spazi di manovra di Parigi non sono affatto ampi. Più probabilmente, per l’effetto domino, i mercati si allarmerebbero a cascata per il debito francese; per quello spagnolo; per quello portoghese e via via tutti gli altri. Chi si salverebbe dal diluvio universale?
Ecco perché il titolo dell’articolo del prof.Bruni non suona convincente. Il problema non è l’obbligo di ridurre il nostro debito: il problema è l’impossibilità di ridurlo e a fortiori di ripagarlo.
Forse non hanno torto i nostri governanti, che non se ne preoccupano affatto. Tanto, non potrebbero metterci rimedio.
pardonuovo.myblog.it
(1)http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=58cd1d6a96f4c