Eni cede a Gazprom quota gasdotto South Stream
Eni rientra dell'investimento fatto in South Stream. Dopo che a inizio dicembre Mosca aveva fatto sapere che il progetto del gasdotto era stato definitivamente accantonato, il gruppo italiano guidato da Claudio Descalzi ha stipulato un accordo per la cessione della sua partecipazione del 20% a Gazprom, il colosso del gas russo che sta riassorbendo anche il 15% ciascuno di Wintershall ed Edf, ricomprando così le quote a tutti gli ex soci.
In un’intervista televisiva di inizio mese Alexiei Miller, il numero uno della Gazprom che già detiene il 50% del controverso progetto, ha dichiarato che il capitolo è "assolutamente chiuso, in maniera definitiva". Una sentenza che già appariva inappellabile e che confermava quanto già detto prima dal presidente russo Putin: "Se l’Unione europea non vuole che si faccia, allora non lo faremo".
Le tensioni tra Ue e Mosca, soprattutto dopo la crisi ucraina, hanno di molto ridotto le probabilità che si arrivasse a una legalizzazione dei metanodotti nel rispetto del Terzo pacchetto Energia e quindi Mosca ripete che vuole posare una pietra tombale sul gasdotto che avrebbe dovuto portare il metano russo in Europa attraverso il Mar Nero.
Un progetto fortemente avversato dagli Stati Uniti, che vedevano l’Europa sempre più a rischio dipendenza energetica dalla Russia, e dal quale Eni dovrebbe uscire senza danni. In una nota il gruppo italiano chiarisce infatti che "recupererà il capitale investito nel progetto, calcolato coerentemente con gli accordi esistenti".
La liquidazione dei soci di minoranza del gasdotto che avrebbe dovuto aggirare l’Ucraina (con evidenti implicazioni strategiche) e collegare la Russia con la Bulgaria non costerà poco a Gazprom. Secondo i primi calcoli, Eni dovrebbe incassare quanto già investito (circa 300 milioni) più un interesse di circa il 10%.
Ma il punto sicuramente più controverso e oneroso è un altro: Saipem, gruppo controllato dalla stessa Eni, sarebbe dovuto essere il principale costruttore del gasdotto, con contratti stimati a un valore di circa 2,5 miliardi e regolarmente sottoscritti. Adesso potrebbero essere sciolti con le pesanti penali che scattano in questi casi ed è la questione che i mercati più attendono. A meno che Mosca non stia preparando la clamorosa sorpresa: un tracciato diverso ma con partner industriali confermati.