"Eolico offshore in Italia? Governo distratto, progetti fermi e a rischio i miliardi già investiti. Addio bollette più basse" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 17:42

"Eolico offshore in Italia? Governo distratto, progetti fermi e a rischio i miliardi già investiti. Addio bollette più basse"

Nonostante progetti già autorizzati e miliardi di investimenti pronti, l’assenza di date certe per le aste rischia di far perdere all’Italia il vantaggio competitivo nel Mediterraneo. L'intervista al presidente di Aero

di Rosa Nasti

Filiera italiana dell’eolico offshore in crisi: "Serve un cambio di passo: così bollette più basse e meno dipendenza dal gas"

L’Italia ha davanti una grande opportunità: sviluppare l’eolico offshore galleggiante, creare migliaia di posti di lavoro nel Sud e rafforzare l’indipendenza energetica del Paese. Eppure, anche questa volta rischiamo di perdere un treno importante, tra ostacoli burocratici e regole lente, che bloccano miliardi di euro di investimenti mentre i concorrenti europei sono  già pronti a prendere il comando nel Mediterraneo.

"È indispensabile procedere con rapidità all’attuazione del Decreto FER2, partendo da una pronta pubblicazione del calendario delle aste", questo è il messaggio contenuto nella lettera inviata al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin dalle oltre 60 imprese associate ad AERO.

Tra queste ci sono aziende come Fincantieri, Saipem, Prysmian, ma l’allarme attraversa in realtà tutta la filiera, e a firmarla è lo stesso presidente di AERO, Fulvio Mamone Capria, che parlando con Affaritaliani spiega: "Il decreto FER2 è frutto di un lavoro di almeno tre governi: Conte 2, Draghi, Meloni. Nel momento in cui il governo Meloni si insedia a novembre 2022, si discuteva con la Commissione Europea dei contenuti di questo decreto, che incentiva alcune forme di produzione di energia rinnovabile innovative, tra cui l’eolico offshore e il fotovoltaico galleggiante. Il decreto viene pubblicato definitivamente nell’agosto 2024, quando già alcuni progetti avevano ottenuto la via libera. Nel 2025 non veniamo chiamati a partecipare alle aste, raccontandoci che i progetti non erano abbastanza numerosi per competere. All’inizio del 2025 avevamo già 1,3 gigawatt autorizzati, a cui nel corso dell’anno si è aggiunto un progetto da 1,1 GW, portando il potenziale a 2,3-2,4 GW, e a breve arriverà un quinto progetto per altri 500 MW, arrivando a 2,8 GW su 3,8 disponibili. Ci appare un quantitativo sufficiente per mettere all’asta i primi numeri nel 2026".

Senza date precise per le aste, tuttavia, la filiera industriale non può organizzarsi, rischiando di far ritardare la messa a terra dei progetti. "Gli investitori di questi progetti hanno già versato capitali propri per circa 300 milioni di euro. Solo per le procedure di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), tra i 35 e i 40 milioni vengono spesi dalle imprese in attesa delle aste". E aggiunge: "L’allarme è proprio quello di non avere una programmazione certa e di portare per le lunghe questo processo, ritardando la grande filiera industriale che non può essere improvvisata". Poi spiega: "La sfida nel Mediterraneo è un eolico galleggiante che deve raccogliere venti non fortissimi ma idonei a contribuire al mix energetico nazionale. Se non acceleriamo, i Paesi vicini – Francia, Spagna, Portogallo, Grecia – potrebbero prendere il nostro posto nella costruzione dei galleggianti".

Da non sottovalutare, inoltre, i benefici economici e sociali: "L’incentivo equivale a circa un euro al mese per famiglia a partire dal 2031. A fronte di quell’euro svilupperemo economie per tre euro, creando nei primi cinque anni almeno 11.400 posti di lavoro, con proiezioni fino a 40-50.000 persone impiegate nel 2050. Opportunità straordinarie per il Mezzogiorno, convertendo lavoratori delle aree industriali in crisi, dal siderurgico di Taranto al settore automotive, e dando prospettive ai giovani ingegneri delle università del Sud".

Ma a fronte di tutte queste opportunità,  dov’è allora che si inceppa davvero la macchina dello Stato? Mamone Capria chiarisce anche le ragioni della lentezza: "Non esiste una cabina di regia. Serve maggiore coordinamento tra il Mase e la Presidenza del Consiglio. In particolare noi chiediamo al Mase di far emergere il valore industriale della filiera, così da avviare un percorso che possa creare condizioni di mercato, abbassare le tariffe in bolletta e mantenere un’industria solida per i prossimi 50 anni. Non c’è un altro treno: se l’Italia non rispetterà il calendario delle aste, molti investitori punteranno altrove, in Polonia, Irlanda o nel Nord Europa, dove gli incentivi sono maggiori".

Sul rischio contenziosi, citato nella lettera, il presidente è molto chiaro: "Se non arriveranno segnali chiari da Mase e GSE, è probabile che grandi attori del settore avviino contenziosi o ricorsi per recuperare gli oneri istruttori già sostenuti. Il nostro è un appello a leggere i numeri economici, sociali di crescita del Mezzogiorno che sono netti, sono molto chiari e di non spaventarsi di un incentivo che è un piccolo differenziale rispetto al costo dell'energia oggi, perché i nostri soci solo per 3,8 gigawatt, anticiperanno qualcosa come 15 miliardi di euro di lavori che servono all'Italia, servono alle regioni del Sud e per dare un'opportunità ai giovani ingegneri".

E non si tratta solo di economia, anche l’ambiente ne trarrà beneficio: "Gli studi dei migliori biologi marini italiani dimostrano che i progetti di eolico offshore possono fungere da ‘fermo biologico artificiale’, proteggendo e ripopolando i fondali, beneficiando anche i pescatori locali", spiega ancora Mamone Capria.

E allora viene scontato chiedersi, visti tutti i risvolti positivi che questi progetti possono portare, qual è, o chi è, davvero il nemico? "La distrazione della politica", spiega semplicemente il presidente. "Se arriviamo a settembre e non si è mosso nulla, rischiamo di perdere un anno e mezzo, con investitori che molto probabilmente inizieranno a guardare altrove. Noi non abbiamo un colore politico: la nostra bandiera è l’Italia, e vogliamo portare benefici concreti, occupazione, decarbonizzazione e leadership tecnologica nel Mediterraneo".