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Economia
Equita-Bocconi, perché le imprese ricorrono a finanziamenti di mercato

Presentato lo studio del centro di ricerca Baffi Carefin dell'Università Bocconi in collaborazione con Equita che analizza i motivi per i quali le imprese italiane ricorrono a finanziamenti di mercato attraverso l’emissione di bond, in alternativa al canale bancario tradizionale. 

Equita e Università Bocconi, a sei anni dall’avvio della loro partnership, proseguono nel percorso volto a stimolare il dibattito su elementi strutturali, fattori di sviluppo e possibili soluzioni per la crescita del mercato dei capitali per le imprese italiane. Il tema del rilancio del mercato dei capitali è essenziale per il nostro Paese e ogni anno Equita e Università Bocconi promuovono la realizzazione di uno studio su tematiche di specifico interesse.

Quest’anno l’attenzione si è concentrata sulle motivazioni alla base della scelta delle imprese italiane di ricorrere a finanziamenti di mercato attraverso l’emissione di bond in luogo del canale bancario tradizionale. Lo studio ha confrontato selezionati aspetti finanziari e di business di emittenti e società loro comparabili e ha studiato il pricing dei titoli emessi in funzione delle loro caratteristiche.

Lo studio, sesto position paper del centro di ricerca BAFFI CAREFIN dell’Università Bocconi redatto in collaborazione con Equita, è stato presentato in occasione dell’evento “The Italian corporate bond market: what is happening to the capital structure of Italian non-financial companies?” tenutosi oggi presso l’Aula Magna di via Gobbi 5 dell’Università Bocconi.

L’evento ha visto la partecipazione istituzionale di Ignazio Visco, Governatore Banca d’Italia, oltre a quella di Gianmario Verona, Rettore Università Bocconi, Andrea Vismara, Amministratore Delegato Equita Group, Alessandro Profumo, Amministratore Delegato Leonardo, Claudio Costamagna, Presidente CC & Soci, Paola Leocani, Partner e Head of DCM Simmons & Simmons, Mauro Moretti, Founder e Managing Partner Three Hills Capital Partners, Paolo Pendenza, Head of Private Debt Equita Group, e Francesco Perilli, Presidente Equita Group.

Il Governatore della Banca d'Italia ha sottolineato : "In prospettiva, il credito bancario, pur rimanendo una fonte di finanziamento essenziale, non potrà da solo sostenere la crescita degli investimenti, soprattutto quelli necessari per innovare e competere sui mercati internazionali. Diverrà ancora più rilevante lo sviluppo dei segmenti di finanza non bancaria in grado di fornire risorse nelle forme più adatte ai diversi stadi di sviluppo delle imprese, dai business angels alle operazioni di ristrutturazione, dal venture capital all’accesso ai mercati azionari e obbligazionari. È necessaria una più ampia diffusione, rispetto a quella attualmente assai limitata, dell’attività di banca d’investimento, ovvero delle funzioni di selezione delle imprese in grado di ricorrere a strumenti di mercato e di collocamento e sottoscrizione di titoli. Si tratta di una sfida condivisa con il resto dell’Europa continentale ma più acuta nel nostro paese, date anche le peculiarità della struttura produttiva e del sistema finanziario". 

Presente anche Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana,  che ai microfoni dei giornalisti ha evidenziato: "il problema vero è che molte volte le cose vengono fatte con il massimo della buona volontà anche  da parte dei politici del governo con delle ambizioni anche condivisibili  come quelle di aiutare lo sviluppo del mercato. Poi magari queste cose per una scarsa conoscenza per le dinamiche del settore del risparmio gestito vengono incastonate all’interno di un percorso che è quello sbagliato, ecco  mi sentirei di dire che quello che è successo è proprio questo. Si tratta semplicemente  di ridisegnare il percorso e credo si possa trovare una soluzione che accontenti tutti".

Jerusalmi si è poi fermato con Affaritaliani.it  per sottolineare : "Il mercato dei capitali è sempre più fondamentale specialmente negli ultimi anni; con la difficoltà del sistema bancario di erogare credito avere un sistema di capitali funzionante, efficiente e sopratutto aperto anche a investitori internazionali è fondamentale per le aziende per poter raccogliere capitali anche in momenti di difficoltà".

 

Equita-Bocconi, perché le imprese ricorrono a finanziamenti di mercato. Lo studio presentato in occasione dell'evento “The Italian corporate bond market: what is happening to the capital structure of Italian non-financial companies?"

Lo studio, presentato dal Prorettore per l’internazionalizzazione e Centro BAFFI CAREFIN dell’Università Bocconi, Stefano Caselli, e dall’Antin IP Associate Professor of Infrastructure Finance e Centro BAFFI CAREFIN dell’Università Bocconi, Stefano Gatti, è suddiviso in due sezioni. La prima focalizzata sulle soluzioni adottate dalle imprese italiane per finanziare le loro attività, nella quale si descrivono le principali caratteristiche del mercato delle emissioni obbligazionarie in Italia e dove si dà evidenza dei recenti trend di disintermediazione rispetto al tradizionale canale bancario e della diversificazione delle fonti di finanziamento. La seconda sezione presenta invece un’analisi empirica circa le decisioni che portano le imprese ad emettere una obbligazione per la prima volta e le determinanti che concorrono al pricing dei titoli.

I risultati che emergono dall’analisi delle emissioni obbligazionarie di imprese italiane indicano che tale mercato, in passato ritenuto una fonte di finanziamento residuale, sia oggi oggetto di interesse crescente da parte delle società. Questa evidenza denota una maggiore comprensione da parte delle imprese italiane dell’importanza di sviluppare forme di finanziamento alternative e una maggiore considerazione dei rischi dovuti a un eccessivo ricorso al canale bancario.

Il graduale passaggio delle imprese italiane da forme di finanziamento puramente bancarie a forme disintermediate, basate su alternative di mercato, rappresenta un cambiamento estremamente importante per l’Italia rispetto al passato ma, se confrontato con i mercati non domestici, risulta più un allineamento agli altri paesi. È importante segnalare infatti come le imprese italiane si siano storicamente rivolte, in via quasi esclusiva e preferenziale, a finanziamenti di tipo bancario, ricorrendo al mercato di capitali solo sporadicamente e concentrando quindi le loro risorse su una sola fonte di finanziamento, quella bancaria. Tale situazione risultava anomala in quanto molto diversa rispetto ad altri paesi dove le imprese ricorrono sia a finanziamenti bancari che di mercato.

Le evidenze tratte dallo studio descrivono un mercato in continua evoluzione, sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta di capitale di debito. Dal lato della domanda si percepisce il bisogno di colmare il gap nelle fonti di finanziamento delle imprese derivante dal calo dei prestiti da parte delle banche e la volontà delle stesse imprese di diversificare maggiormente le fonti di finanziamento delle proprie attività. Dal lato dell’offerta invece, la riduzione del credito bancario in risposta ai maggiori requisiti di capitale richiesti alle banche è compensato dalla maggiore presenza di investitori in cerca di rendimenti più alti.

Andrea Vismara, Amministratore Delegato di Equita Group, ha dichiarato: “È indubbio come la crisi finanziaria abbia contribuito a porre fine all’eccessivo finanziamento bancario delle imprese italiane. Come evidenziato storicamente anche da Banca d’Italia, la concentrazione delle fonti di finanziamento delle imprese sul sistema bancario italiano risulta un’anomalia del nostro paese. Crediamo che la mancanza di diversificazione delle fonti di finanziamento abbia indebolito le nostre imprese ma il fatto che oggi queste aziende stiano iniziando ad interfacciarsi con il mercato dei capitali è un ottimo messaggio e fa ben sperare per il futuro”.

L'amministratore delegato di Equita Group, ai microfoni di Affaritaliani.it ha altresì aggiunto : "i mercati dei capitali  a complemento del credito bancario sono fondamentali e  sono un fattore di sviluppo, possono aiutare a crescere, a fare acquisizioni. Penso quindi che vadano sviluppati con un'azione anche coordinata con le imprese, con il governo e le istituzioni".

Stefano Gatti,  Università Bocconi ha sottolineato ad  Affaritaliani.it : "I risultati della ricerca indicano un risultato molto importante nei mercati finanziari italiani, una riduzione progressiva del credito nei confronti delle imprese non finanziarie, e a fronte di questo un aumentato ruolo dei mercati obbligazionali, quindi le imprese italiane non finanziarie sembrano rivolgersi molto di più al mercato delle obbligazioni rispetto al mercato creditizio. Questo è un aspetto molto importante specialmente in un contesto congiunturale come questo nel quale le  banche hanno ancora qualche problema da risolvere. La disponibilità di credito attraverso i mercati obbligazionali potrebbe essere la soluzione alla mancanza di risorse finanziarie".

Luigi De Bellis, Co-Head Ufficio Studi Equita, intervistato da Affaritaliani.it ha infine sottolineato:" Penso che l'apertura delle aziende ai mercati dei capitali permetta in qualche modo la riduzione del costo del capitale, quindi permetta una diversificazione delle fonti di finanziamento, credo inoltre che l'apertura ai mercati dei capitali consenta in qualche modo l'interlocuzione anche con investitori internazionali che molto spesso permettono di trovare spunti operativi e permette di gestire meglio i rischi. In generale credo che uno dei risparmi che ottiene  un'azienda aprendosi al mercato dei capitali è quello dell'abbassamento complessivo del costo del capitale grazie a una diversificazione del rischio".  De Bellis ha poi altresì spiegato: "Ieri inoltre abbiamo pubblicato la quinta edizione del PIR monitor che è una ricerca del nostro centro studi con la quale abbiamo annalizzato gli impatti dall'inizio del lancio dello strumento fino a oggi. I risultati sono stati positivi. Con la nuova Legge di Bilancio del 2019 sono stati inseriti dei nuovi vincoli agli investimenti che limitano significativamente la potenzialità dello strumento. Ci sono molti dubbi interpretativi, uno di questi limiterebbe ulteriormente lo sviluppo del prodotto quindi il settore è in attesa dei decreti attuativi e in realtà quello che pensiamo è che debbano essere incentivati dei prodotti diversi per le PMI".

 

 

 

 

 

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