Economia
Fatture, lo spesometro diventa light. Meno dati. Scadenza slitta al 6 aprile

Slitta al 6 aprile il termine per inviare i dati relativi alle fatture del 2° semestre. Obiettivo: semplificare la vita ai contribuenti e contrastare l’evasione
Novità in arrivo per lo spesometro versione “light”: secondo quanto annunciato dall’Agenzia delle Entrate, in base a un provvedimento firmato oggi dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini ci sarà tempo fino al prossimo 6 aprile, anziché il 28 febbraio come previsto originariamente, per inviare i dati relativi alle fatture del secondo semestre 2017.
Lo stesso provvedimento, aggiunge l’Agenzia, ha recepito in forma definitiva le semplificazioni introdotte dal Dl 148/2017 tra cui una riduzione delle informazioni richieste e l’introduzione della possibilità di comunicare i dati riepilogativi per le fatture emesse e ricevute di importo inferiore a 300 euro, con cadenza trimestrale o semestrale a scelta del contribuente, anziché i dati dei singoli documenti. Viene inoltre limitato il numero delle informazioni da trasmettere, perché diventa facoltativo (finora era obbligatorio) compilare i dati anagrafici di dettaglio delle controparti.
Infine, i contribuenti possono ora trasmettere i dati delle fatture emesse e ricevute e delle relative variazioni sia a cadenza trimestrale sia a cadenza semestrale. Le nuove regole potranno essere utilizzate anche per l’invio delle comunicazioni integrative di quelle errate riferite al primo semestre 2017. Nel concreto le nuove regole dovrebbero tagliare il numero di documenti e di comunicazioni da inviare all’Agenzia delle Entrate, numero che nei primi sei mesi dello scorso anno si stima fosse ormai balzato oltre i 19,5 miliardi di “informazioni” (ovvero dati, o “tag”, da inserire nei file da inviare all’Agenzia), a fronte di un numero di invii che già nel 2016 aveva raggiunto quota 170 milioni, a fronte dei soli 30 milioni di invii effettuati nel 1999.
Ma perché il fisco italiano si è andato così appesantendo in questi ultimi 20 anni, in terrmini di adempimenti e dati di cui il contribuente, ovvero i suoi consulenti (ragionieri, dottori commercialisti e Caf), devono farsi carico? E soprattutto che utilizzo viene fatto dei dati trasmessi? Tenendo conto che in Italia circolano ogni anno non meno di 1 miliardo e 300 milioni di fatture, si stima che ai livelli di dettaglio attuali il fisco stipi ogni anno qualcosa come 3,9 miliardi di kilobyte di dati nei propri server. Dati che l’Agenzia utilizza per controlli incrociati su vasta scala, al fine di far emergere eventuali incongruenze e sollecitare i contribuenti a mettersi in regola non solo e non tanto per errori formali e “sviste” varie, per le quali l’Agenzia invia lettere ai contribuenti, quanto per abbattere l’evasione e le frodi, che ogni anno vanno ad incrementare il “tax gap” tra imposta teoricamente dovuta e quella effettivamente versata, fenomeno che riguarda soprattutto l’omissione di versamenti Iva già dichiarata che già nel 2014 si stimava valesse oltre 40 miliardi di euro l’anno.
L’attività di lotta all’evasione fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate sta del resto producendo risultati significativi: lo scorso anno, a fronte di 20,1 miliardi di versamenti “recuperati” (contro i 15,7 miliardi indicati come obiettivo ufficiale), 11 miliardi sono derivati da versamenti diretti in seguito a controlli e 1,3 miliardi di euro dopo le lettere di compliance. Semplificare e snellire lo spesometro dovrebbe dunque consentire non solo di rendere meno oneroso per i contribuenti adempiere ai propri obblighi, ma anche all’Agenzia di centrare i suoi obiettivi.
Luca Spoldi