Economia
La Fed non taglia, "schiaffo di Powell a Trump? È solo buon senso economico: inflazione ancora troppo alta"
La Federal Reserve ha mantenuto il tasso sui fondi federali al 4,25%-4,50% per la terza riunione consecutiva. Powell non si fa dettare l'agenda da Trump? L'analisi di Saverio Berlinzani (ActivTrades)

Jerome Hayden Powell
Nessun taglio dei tassi da Powell: "Mossa contro Trump? La Fed segue i numeri, non le pressioni"
Jerome Powell ha risposto a Donald Trump con un silenzio che vale più di mille parole: niente tagli ai tassi. La Fed ha mantenuto il costo del denaro fermo tra il 4,25% e il 4,5%, ignorando le pressioni dell’ex presidente, che puntava su una politica monetaria più morbida. Ma Powell ha scelto la prudenza. Nel comunicato ufficiale, il board segnala un aumento dei rischi legati a inflazione e disoccupazione, ribadendo che la priorità resta la stabilità economica.
Nessuna porta chiusa a futuri tagli, ma per ora non c'è fretta. In altre parole, Powell non si fa mettere in riga dalla Casa Bianca. Tuttavia, si potrebbere leggere questa sua mossa come uno schiaffo politico a Trump? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Saverio Berlinzani, analista di ActivTrades.
Quali sono le principali motivazioni economiche che hanno spinto la Fed a mantenere invariati i tassi d’interesse?
Le principali motivazioni sono legate alla contemporaneità dei dati sul mercato del lavoro, che appare in indebolimento, unitamente ad una inflazione più elevata, il che potrebbe portare a stagnazione con inflazione.
Fino a che punto la Fed può davvero ignorare le pressioni politiche di Trump? Quanto spazio c’è ancora per un taglio dei tassi nei prossimi mesi?.
La Fed è indipendente dal Governo è può ignorare le pressioni facendo esclusivo riferimento ai dati macro, confermando che i dazi doganali, sembrano generare rallentamento del sentiment mantenendo una inflazione eccessivamente alta. Se la congiuntura e inflazione si manterranno così divaricati, non vi saranno altri tagli, ma obiettivamente, il rallentamento economico prevarrà, riducendo anche le prospettive di inflazione. Per questo motivo ci aspettiamo due tagli dei tassi da qui fino a fine anno, forse tre.
Quale scenario possiamo immaginare tenendo conto delle politiche tariffarie di Trump, combinate con l’attuale posizione attendista della Fed?
Dipende da come si evolverà la questione delle tariffe reciproche, la cui proroga al 10% scadrà a luglio. A seconda di cosa deciderà l’amministrazione Trump, avremo due diversi scenari possibili, uno legato al ritorno dell’appetito al rischio e uno invece con possibile risk off e stagnazione economica.
Le pressioni e gli insulti di Trump possono compromettere la credibilità e l’indipendenza della Federal Reserve?
Difficile rispondere con certezza, ma siamo convinti che non accadrà nessuna rivoluzione, men che meno una perdita di credibilità della Fed.
Quali sono i segnali chiave che la Fed monitorerà per decidere se tagliare i tassi o mantenere la linea della prudenza?
Inflazione e dati macro, che se in contrasto, impediscono il ribasso dei tassi.
La mossa di Powell è uno schiaffo a Trump e alla sua politica commerciale?
Non lo è perché la Fed sta semplicemente seguendo la logica, ovvero prima di tagliare, deve essere certa che non si possano inasprire nuovamente i prezzi e l’inflazione. Tutto nella logica delle politiche monetarie. Quando vi saranno le condizioni per nuovi tagli dei tassi, la Fed agirà.