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Economia
Ferrari, il disastro sportivo in F1. Ecco perché Camilleri ha lasciato

Diceva Enzo Ferrari, altrimenti noto come il Drake: “Ho trovato uomini che indubbiamente amavano come me l'automobile. Ma forse non ne ho trovati altri con la mia ostinazione, animati da questa passione dominante nella vita che a me ha tolto il tempo e il gusto per quasi ogni altra cosa. Io non ho alcun diverso interesse dalla macchina da corsa”. Ecco, Louis Camilleri, Ceo uscente della scuderia del Cavallino rampante, non deve aver avuto la medesima ostinazione del fondatore della casa di Maranello. Ma che cosa è successo? Perché il dirigente ha deciso di lasciare in un colpo solo la carica di amministratore delegato di Ferrari e di presidente di Philip Morris International? Le motivazioni addotte sarebbero motivi di salute e il desiderio di tornare a New York. 

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Ma a quanto risulta ad Affaritaliani.it, il motivo delle inattese dimissioni dell’amministratore delegato sia da ricercarsi in contrasti crescenti con John Elkann. Il quale, se da un lato non può che gongolare per l’incremento del valore di borsa della società (passata dai 115 euro per azione del luglio 2018, alla morte di Marchionne, ai 176 della chiusura odierna), dall’altro si sarà interrogato sul perché la Ferrari, in pista, sia diventata una copia sbiadita di quella che era.

Ci raccontano di un Elkann che, nonostante un portafoglio ancora più gonfio grazie a Camilleri, si sia talmente rammaricato per la gestione sportiva della squadra da andare allo scontro frontale con il manager italo-maltese, già a capo di Philip Morris. E così si deve leggere l’uscita improvvisa di Camilleri, che aveva superato una brutta forma di Covid e che era da poco tornato al suo posto. 

Tra l’altro, ai maliziosi non sarà sfuggito che Mattia Binotto, capo del reparto corse di Ferrari, mancherà dal circuito di Yas Marina per l’ultimo appuntamento del peggiore mondiale dai tempi dell’arrivo di Schumacher, oltre 25 anni fa. Ufficialmente per motivi di salute (ma il Coronavirus stavolta non c’entra), ma non ci sarebbe da stupirsi se a breve dovesse esserci l’ennesimo avvicendamento al timone di un reparto corse che sembra non avere più un timone. Aveva ritrovato un minimo di indirizzo con il tandem Marchionne-Arrivabene, ma poi la morte del manager italo-canadese ha improvvisamente tagliato le gambe a tutti. Vettel prima del drammatico annuncio era in testa al mondiale e la macchina volava. Poi il buio, un 2019 in sordina e un 2020 da fare spavento.

Tra l’altro, non stupisce che Elkann, divorato dalla stessa ambizione per i risultati sportivi del Drake, non voglia lasciarsi sfuggire una doppia chance: l’arrivo al timone della Formula Uno, anche se il manager ha smentito per il nuovo incarico come Ceo della Formula 1 dal 2021, di un vecchio amico come Stefano Domenicali, già team principal della Ferrari nel post Jean Todt e le nuove regole sui motori che entreranno in vigore nel 2022.

Non c’è tempo da perdere e se il 2021 si preannuncia come l’ennesima stagione di passione, si potrà essere di nuovo competitivi tra due anni, quando oltretutto potrebbe definitivamente sciogliersi il duo diabolico Hamilton-Wolff. Il primo perché, se dovesse vincere anche l’anno prossimo, diventerebbe il più grande di sempre anche per numero di mondiali; il secondo perché potrebbe addirittura pensare a un’avventura in Ferrari, dove arriverebbe da salvatore della patria.

Fanta-mercato? Non esattamente, qualche segnale di avvicinamento tra il Cavallino e Wolff c’è stato, tanto che il manager tedesco ha teso la mano in più di un’occasione alla squadra, mentre fino a qualche tempo fa i rapporti sembravano più tesi.

Ma, si diceva, i risultati meramente industriali sono tutt’altro che scarsi. Durante la guida Camilleri, la Ferrari è diventata la terza società in borsa per capitalizzazione, dopo Enel e Intesa Sanpaolo. Vende 10 mila macchine all’anno (10.131 per la precisione) eppure vale 34,2 miliardi, una volta e mezzo Fca che pure di veicoli ne vende 450.000 solo in Italia.

Dunque che cosa si può imputare a un manager così? Di aver impolverato il mito Ferrari in pista. Un peccato capitale che può costare molto più che un calo nelle vendite. Tanto, un brand iconico come quello, tra i più importanti al mondo, difficilmente viene dimenticato da una platea di collezionisti che è sempre pronta a mettersi in lista d’attesa pur di avere il prezioso totem. Ma la pista, quella non mente mai. E a Elkann questo non è proprio andato giù.

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