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Economia
Ford, meno microchip: tagli alla produzione. Il titolo crolla a Wall Street

La crisi dei microchip fa crollare il titolo Ford a Wall Street. Le azioni del colosso automobilistico statunitense stanno perdendo oltre il 10% dopo che Ford ha avvertito che la carenza di semiconduttori sul mercato globale potrebbe costringerla a tagliare la produzione fino alla metà nel secondo trimestre. Ford ha anche dovuto ridurre le stime sugli utili lordi a fine anno dopo aver battuto le attese degli analisti nel primo trimestre. Sulla scia di Ford, perde terreno anche General Motors le cui azioni sono in calo di oltre il 4%. 

Il colosso automobilistico di Detroit ha chiuso il primo trimestre con risultati brillanti (un utile di 3,3 miliardi di dollari) il dato trimestrale più elevato degli ultimi anni - ma ha avvertito che l'attuale carenza globale di seminconduttori peggiorerà e a questa seguiranno ripercussioni sul piano finanziario. L'ultima riga del conto economico di Ford, che è stata favorita dai prezzi elevati in Nord America, ha ribaltato la perdita di 2 miliardi di dollari registrata nei primi tre mesi dell'anno precedente, quando la pandemia di Covid ha congelato la produzione nordamericana.

Nel dettaglio, l'utile ante imposte, esclusi gli elementi una tantum, si è attestato a 4,8 miliardi di dollari nel trimestre, o 89 centesimi per azione, superando la stima di 22 centesimi fornita dagli analisti contattati da FactSet. I ricavi del periodo sono invece aumentati del 6%, raggiungendo quota 36,2 miliardi di dollari. Secondo le stime dell'azienda, la carenza di scorte di seminconduttori le costerà 2,5 miliardi di dollari sull'utile ante imposte rettificato di quest'anno, inserendosi nella parte più elevata della guidance fornita a febbraio dall'azienda, che prevedeva un impatto tra 1 e 2,5 miliardi di dollari. La problematica la costringerà a dimezzare la produzione del secondo trimestre, anche se è atteso un miglioramento dopo il mese di giugno.

Il Cfo dell'azienda, John Lawler, ha voluto precisare che la situazione è stata aggravata da un incendio divampato a marzo in una fabbrica in Giappone, che ha reso più complesse le attività produttive dell'azienda. I problemi che gravano sulla catena di approvvigionamento stanno rovinando uno scenario altrimenti favorevole per Ford, che sta accelerando un piano di inversione di tendenza lanciato dall'amministratore delegato Jim Farley.

Negli ultimi mesi, la ripresa della domanda di auto, gli stimoli statali e i bassi tassi di interesse hanno fatto tornare i consumatori nelle concessionarie. Farley ha assunto l'incarico a ottobre, promettendo di spremere i costi e risolvere fastidiosi problemi operativi, tra cui l'aumento dei costi di garanzia e ostacoli nel lancio di alcuni modelli. Al momento, il Ceo ritiene che il settore automobilistico si trascinerà il problema dei chip almeno fino al 2022. Nel primo trimestre di quest'anno, l'azienda è riuscita a evitare tagli nella produzione del pickup F-150, il suo principale motore di profitto.

Tuttavia, si è trovata costretta a fermare alcuni impianti ad aprile per mancanza di scorte di chip, che non torneranno del tutto operativi prima di metà maggio. Secondo le previsioni della società di ricerca AutoForecast Solutions, le inefficienze nella catena di approvvigionamento sono costate oltre 35.000 unità F-150 a Ford da inizio anno, principalmente nei mesi di marzo e aprile. Senza perdersi d'animo, la società ha accantonato circa 22.000 veicoli costruiti senza semiconduttori, ha spiegato il Cfo, che saranno introdotti in un secondo momento.

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