Ilva, spunta Conti per il dopo Bondi
Spunta il nome di Fulvio Conti, nella rosa dei nomi predisposta per il dopo Enrico Bondi all’Ilva che potrebbe essere posseduta, in maggioranza relativa, dagli indiani di ArcelorMittal, seguiti dai gruppi Arvedi, Marcegaglia e Riva all’interno di una cordata in fase di allestimento.
Il destino del commissario straordinario è segnato per le prese di posizione delle banche e degli eredi Riva: il suo mandato scade dopodomani. In queste ore il Ministro allo Sviluppo Federica Guidi si sta consultando con Matteo Renzi sulle strategie future dell’impianto siderurgico. "Ci vuole un cambio di passo" ha detto di recente il premier riferendosi agli assetti manageriali e azionari. Le banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Popolare) seguono passo passo l’evolversi della situazione, qualche banchiere che finora ha giocato un ruolo attivo, viene tenuto al corrente.
Nella rosa di Guidi e Renzi non ci sarebbe Massimo Tononi, presidente di Borsa spa che sembrava in buona posizione. In pole position, anche perchè gradito alle banche, invece, ci sarebbe l’ex ad di Enel, uscito da una decina di giorni: Conti è un manager di alto livello e di collaudate capacità. Prima di Enel ha lavorato nel gruppo Mobil, Montecatini, Montedison-Compart (direttore finanziario con Bondi ad), alle Fs, Telecom prima di passare (1999) all’Enel. Il suo curriculum lo mette avanti agli altri nomi della rosa: Umberto Quadrino, ex ad di Edison oggi presidente di Valvitalia, Renato Ravanelli, ex consigliere delegato di A2a, sostituto da Valerio Camerano. Probabilmente oggi potrebbe essere il giorno giusto per la decisione al vertice alla quale si accompagnerà anche un rimpasto azionario.
Proseguono i contatti con i possibili nuovi soci secondo un piano in fase di messa a punto nei dettagli. La cordata potrebbe vedere in prima fila ArcelorMittal con una quota del 30-40%, quindi con un ruolo-guida. Dietro potrebbero entrare il gruppo cremonese Arvedi e quello mantovano Marcegaglia: insieme avrebbero la stessa partecipazione degli indiani. Infine i Riva, in minoranza. Se questo schema venisse attuato, si riuscirebbe a difendere l’italianità dell’acciaio italiano visto che la maggioranza resterebbe nelle mani di gruppi nostrani anche se la leadership verrebbe presa dal colosso mondiale.