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Economia
Ita, il cdx tira un sospiro di sollievo: l'autunno caldo porta altre priorità

Ita, il centrodestra tira un sospiro di sollievo: un dossier in meno di cui occuparsi

Siamo davvero così sicuri che il centro-destra, e in particolare Fratelli d’Italia e Lega, siano così furibondi come dichiarano in merito al dossier Ita? A quanto può riferire Affaritaliani.it, nei prossimi giorni potrebbe esserci un’accelerata sulla trattativa, che passerebbe da una mera esclusiva a un accordo più vincolante. E i conservatori sembrano masticare parecchio amaro. Ma è certo che, al di là delle parole di prammatica, da Fratelli d’Italia alla Lega si stiano strappando i capelli? Il sospetto viene quando si pensa alle emergenze che il prossimo governo, probabilmente di estrazione conservatrice, dovrà trovarsi a fronteggiare in autunno. Al momento la crisi energetica si è abbattuta “solo” sulle imprese, con bollette quadruplicate per le aziende, ma le famiglie ancora non hanno toccato con mano che cosa significhi avere il gas alle stelle. Abbassare di uno o due gradi la temperatura nelle case sarà un provvedimento necessario ma probabilmente non sufficiente per arginare uno tsunami che lascerà sul terreno molte vittime. Matteo Salvini già da giorni continua a battere sul tema dello scostamento di bilancio da 30 miliardi, ma gli altri partner della coalizione sembrano meno convinti.

Ma non c’è solo la crisi economica che inevitabilmente arriverà, complice anche una stretta della Bce sui tassi che con ogni probabilità aumenterà già venerdì 9 settembre i tassi d’interesse di 75 punti base. Un provvedimento necessario per abbattere l’inflazione – nonostante alcuni eminenti economisti come Marcello Minenna abbiano dichiarato che il peggio potrebbe già essere passato, almeno per quanto concerne i beni di prima necessità e quelli che dipendono dai costi delle materie prime – ma che ha inevitabili ripercussioni depressive. E non c’è bisogno di ricordare come un’economia in crisi non possa mai essere un “danno necessario” da mettere in preventivo. C’è il tema delle sanzioni alla Russia – anche qui, tra Meloni e Salvini non si può dire che ci sia unità d’intenti – e della necessità di fare fronte comune con l’Europa. C’è poi il problema del Pnrr, dei provvedimenti già avallati dalla Commissione, che difficilmente potrebbero essere modificate. E c’è anche l’eventualità che proprio l’inflazione aumenti il costo delle singole voci di spesa, di fatto rendendo necessaria una cifra maggiore per ogni progetto o costringa ad accantonarne alcuni ritenuti meno strategici. C’è, ancora, da discutere della rete unica, della necessità di trovare una quadra tra i vari soggetti coinvolti: Open Fiber e Tim in primis, ma poi Cassa Depositi e Prestiti, Vivendi, Kkr, Macquarie e via dicendo. 

Infine, il prossimo governo già all’inizio del 2023 dovrà misurarsi con la complessa partita delle nomine. Come Affaritaliani.it ha potuto anticipare già da tempo, ci sono tre manager che in questo momento stanno trovando parecchi consensi: Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni e ormai sorta di ministro degli Esteri italiano, ha anche partecipato alla festa di Fratelli d’Italia (Atreju) mostrando di essere pronto al nuovo corso politico; Stefano Donnarumma, attuale ad di Terna; il numero uno di Poste Matteo Del Fante. Questo significa che gli ultimi due verranno confermati al loro posto? No, anche perché pare giunta al termine l’avventura in Enel di Francesco Starace, reo di non aver avallato la strategia nucleare voluta dal centro-destra e, soprattutto, di aver ritardato l’uscita dalla Russia. Anche Alessandro Profumo, da sempre vicino al centro-sinistra, dovrebbe aver concluso la sua esperienza al timone di Leonardo. In Piazza Monte Grappa sanno che anche in caso di una sua assoluzione nel processo di Mps la sua permanenza al timone dell’ex-Finmeccanica sarebbe ormai giunta al termine.

Dunque potrebbe anche succedere che Del Fante, ma soprattutto Donnarumma, possano arrivare al vertice di Enel. Su Leonardo la cosa si complica, perché pare che quel posto fosse stato promesso ad Alfredo Altavilla in cambio del buon esito della trattativa tra Ita e Msc-Lufthansa. Poi il ribaltone e la certezza che l’attuale presidente esecutivo dell’ex compagnia di bandiera potrebbe patire un nuovo schiaffo: dopo la mancata designazione a erede di Marchionne – era stato lo stesso manager a indicarlo, ma la sua morte improvvisa rimescolò le carte facendo propendere per Mike Manley  - ora potrebbero chiudersi anche le porte di Piazza Monte Grappa

Di fronte a uno scenario così complesso, in cui il centro-destra deve anche accreditarsi anche sui palcoscenici internazionali, diventa davvero complesso pensare di volersi concentrare anche su Ita. Tant’è che, al di là delle critiche di prammatica, sembra aver prevalso la “ragion di Stato”. Ita va bene come argomento di campagna elettorale, ma certo non può diventare la pietra angolare su cui incentrare la propria politica economica. E i maligni si scatenano: il centro-destra ha probabilmente tirato un bel sospiro di sollievo. In fin dei conti, in questi anni Ita-Alitalia è sempre stata un problema e, dalla cordata degli italiani, è costata oltre 10 miliardi. Il governo Draghi potrebbe aver tolto un bel peso dalle spalle del centro-destra. 
 

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