Economia
Italiaonline, bomba per Di Maio. Scatta lo sciopero nazionale

Se non si troverà entro il 2 luglio un accordo al Ministero del Lavoro, potrebbero scattare i licenziamenti per 400 esuberi. Gli impegni dell'azienda
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
La bomba Italiaonline sta per esplodere sotto il super-Ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico di Luigi Di Maio: dopo una lunga trattativa partita al Mise il 20 marzo, se non si troverà entro il 2 luglio un accordo al Dicastero di via Fornovo fra l'azienda e il sindacato sugli esuberi, la mattina successiva potrebbero scattare le lettere di licenziamento per 400 lavoratori della web company che ha rilevato nel 2016 la disastrata ex Seat-Pagine Gialle e che controlla anche le piattaforme web Liberomail.it e Virgilio.it. Un gruppo controllato dal magnate egiziano Naguib Sawiris, fondatore di Orascom.
Nel passaggio di consegne fatto via web fra Carlo Calenda e Di Maio, il precedente inquilino del Mise aveva avvertito che fra i tavoli di crisi aziendale aperti uno dei primi a giungere a scadenza, oltre all'Ilva, sarebbe stato proprio quello di Italiaonline. Dossier di cui, però, il vicepremier pentastellato non si è ancora occupato, lasciando pericolosamente slittare la risoluzione della crisi in Zona Cesarini e gettando lo scompiglio fra le maestranze.
Un atteggiamento che ha spinto oggi i sindacati di categoria a dichiarare per giovedì 28 giugno, in concomitanza con l'incontro fra le istituzioni pubbliche (Ministero, Regione Piemonte e Comune di Torino) e le sigle, un'intera giornata di sciopero per tutti i dipendenti di Italiaonline, con tanto di presidio davanti al Ministero del Lavoro.

Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino
Anche se, formalmente, c'è tempo fino alle ore 24 del 2 luglio, in cui scatterà la fine della procedura (passata già dalla fase sindacale e quella amministrativa), il 28 è stato giudicato da Cgil, Cisl e Uil come l'ultima data utile per riuscire a trovare una quadra e aprire così uno spiraglio nel muro granitico delle posizioni dell'azienda che vuole mandare a casa (dopo 18 mesi di cassa integrazione straordinaria a zero ore per cessazione parziale - alcune attività verranno esternalizzate) almeno 330 dipendenti dei 400 esuberi.
Gli altri 70, che corrispondono più o meno al numero dei lavoratori della sede torinese che l'amministratore delegato Antonio Converti vuole chiudere, finirebbero, secondo quanto annunciato dalla web company il 12 giugno, nella nuova digital factory che internalizzerebbe il lavoro di creazione di siti internet che ora viene svolto ad Amsterdam.
Ad aprile-maggio, nei tavoli separati con la società, il ministro Calenda era riuscito a strappare un impegno del gruppo a dimezzare gli esuberi da 400 a 200 (post-percorso formativo), quadro però non accettato da Cgil, Cisl e Uil che chiedevano e chiedono, invece, un accordo che arrivi a zero licenziamenti attraverso tutte le possibili strade che comprendano esodi incentivati, prepensionamenti e solidarietà. Come prevede l’accordo appena firmato per Tim. Anche lo stesso Calenda, poi, aveva rifiutato la clausola dei 200 da tenere dopo una fase di formazione "solo se risultati idonei". Clausola che in futuro, per il ministro Dem, non avrebbe garantito il riassorbimento delle eccedenze nel perimetro aziendale.
A destra, il Ceo di Italiaonline Antonio Converti
"Caro Luigi, non sono riuscito a chiudere la crisi di Italiaonline, è una vertenza molto difficile e bisogna stargli sotto, considerando il fatto che il tempo è poco e che il comportamento della società è stato inaccettabile", aveva avvertito Calenda nel passaggio delle consegne via web, riferendosi ai maxi dividendi distribuiti (su cui il Ministero aveva fatto delle verifiche per capire se ci fossero gli estremi per un'azione legale) dal gruppo agli azionisti e ai maxi-bonus (6,7 milioni complessivi) da erogare ai manager, nonostante le milionate di cassa integrazione scucite negli anni allo Stato. Il tutto, a fronte di conti tornati in utile per il secondo anno consecutivo, ora in crescita a 26,4 milioni di euro. Un turn-around contabile, prima che di trasformazione industriale, fatto tutto a spese dei lavoratori.

Insomma, il tempo (non ce n'è più molto) stringe: caro Luigi se ci sei batti un colpo, dicono i sindacati che lamentano di non aver mai sentito nè visto il neo-ministro, nonostante l'urgenza del dossier. Da qui, la scelta di scendere in piazza e di fermare il gruppo il 28 giugno.
Di Maio ora potrebbe chiamare subito l'azienda, chiedendole di sospendere immediatamente la procedura di licenziamento, senza che decorrano i termini e dando la possibilità alla procedura di ripartire, fermandola però almeno per un paio di mesi per riuscire ad arrivare ad una soluzione. Lo farà?