Economia
La Cina blocca le stablecoin private: solo lo yuan digitale è ammesso. Un colpo mortale alle ambizioni delle big tech
Pechino blocca le stablecoin private legate al renminbi: lo yuan digitale resta l’unica moneta autorizzata, mentre le big tech perdono il ruolo di emittenti
Pechino blinda il futuro digitale: stop alle stablecoin private
La Cina ha tirato il freno a mano sul fronte delle criptovalute. Pechino ha imposto lo stop allo sviluppo di stablecoin private ancorate al renminbi, bloccando di fatto i progetti già avviati da colossi come Alibaba, JD.com e Ant Group insieme a partner di Hong Kong. Una decisione che non è solo tecnica, ma anche ideologica: nessuna moneta digitale può esistere in Cina se non rafforza il primato dello yuan digitale, l’e-CNY, fiore all’occhiello della strategia fintech di Xi Jinping.
In poche parole nessuna stablecoin legata al renminbi potrà essere emessa senza un mandato diretto dello Stato. L’obiettivo è impedire che le big tech costruiscano circuiti monetari paralleli, potenzialmente in grado di eludere i controlli sui capitali o le politiche della banca centrale. La preoccupazione è tutta sulla sovranità valutaria: una valuta privata, anche se ancorata al renminbi, potrebbe diventare una falla nel muro di controllo finanziario che il Partito considera vitale per la stabilità interna.
E così dopo mesi di trattative tra la Hong Kong Monetary Authority (HKMA) e i giganti del fintech cinese, Pechino ha deciso di intervenire direttamente, spegnendo l’entusiasmo di chi sognava una moneta digitale parallela al renminbi ufficiale. Mentre la Federal Reserve, la BCE e altre banche centrali discutono su come bilanciare innovazione e stabilità, la Cina ha già scelto la sua strada. Anche le grandi banche d’affari, come JP Morgan, avvertono che la crescita esplosiva delle valute digitali potrebbe muovere migliaia di miliardi di dollari in pochi anni, ma con rischi altissimi di frodi, bolle speculative e crisi sistemiche.
Il blocco alle stablecoin non è soltanto un passo indietro, ma un consolidamento del progetto di Stato. Lo yuan digitale, sperimentato dal 2019 e ormai operativo in oltre venti metropoli cinesi, e con un obiettivo molto ambizioso: ridurre la dipendenza dal dollaro nel commercio globale e rendere il renminbi una valuta di riferimento internazionale.
Le big tech, dal canto loro, restano pedine del sistema. Ant Group e JD.com continueranno a collaborare sul piano tecnologico, ma il ruolo cambia radicalmente, da potenziali emittenti di moneta a semplici fornitori di infrastrutture. In fondo, la stretta sulle stablecoin è l’ennesima conferma di un principio ormai scolpito nel modello cinese: essere il regista, l’attore e il produttore. E la valuta del futuro, almeno in Cina, parlerà una sola lingua, quella del Dragone.