Economia
La transizione verso l’auto elettrica favorisce ancora i più ricchi
Oggi per acquistare la più piccola city-car elettrica servono almeno 20mila euro
Un terzo dei veicoli circolanti è molto inquinante
Su 35 milioni di veicoli che circolano oggi in Italia, tra i 12 e i 13 milioni sono altamente inquinanti, tra Euro 0 ed Euro 4. Eppure, la via scelta per abbattere le emissioni di anidride carbonica è quella di avviare una transizione verso l’elettrico. Necessaria, attesa, ma forse prematura. Perché il messaggio che è stato dato ai possibili clienti è che l’intero comparto dei motori termici è pronto per andare in pensione: inutile quindi lanciarsi sulla sostituzione della propria vecchia automobile, meglio attendere ancora qualche tempo. In attesa di cosa? Prima di tutto che i prezzi scendano perché oggi una e-car costa tra il 30 e il 40% in più di quelle termiche.
“Ci vorrebbe una politica di transizione che incentivi almeno l’approdo ai già virtuosi Euro 6 o ai mild-hybrid – spiega ad Affaritaliani.it Nicola De Mattia, ceo di Targa Telematics – accessibili a una larghissima utenza, specialmente quella che detiene una macchina vecchia. Invece, si è puntato a velocizzare in modo irrealistico una transizione verso i veicoli elettrici, che agevola chi ha capacità di spesa e per quali mancano ancora i presupposti per un’adozione massiva, invece di puntare sul rinnovamento di un parco auto particolarmente datato”. Targa Telematics è un’azienda IoT dedicata al design di tecnologia e di servizi per la mobilità connessa. Oggi fattura circa 50 milioni, ma ha l’obiettivo di arrivare a 70, con una presenza globale molto forte. Secondo Cerved è la tech company ad aver avuto la più alta crescita organica nel periodo 2014-2019.
Il baricentro si sposta in Cina
Il problema con gli obiettivi ambiziosi che l’Europa si è posta è che vanno da un minimo di 13 anni per il bando alle auto termiche fino a poco meno di 30 per la totale neutralità carbonica. Significa però trovare un sistema di incentivi che supporti e sopporti la transizione per gradi. Il vecchio detto “piuttosto che niente è meglio piuttosto” vuol dire esattamente questo: progredire per gradi e non per discontinuità. Oggi per acquistare la più piccola city-car elettrica servono almeno 20mila euro, una cifra che, per un veicolo con motore termico, consente di avere un’auto Euro 6 di classe B. Ci sono poi altri due problemi: il primo è quello delle batterie, il secondo quello dell’intera industria automotive.
“Per il momento non ci stiamo ponendo il problema – spiega De Mattia – di che cosa fare con le batterie una volta che saranno scariche. Ma stiamo anche dando vita a una rivoluzione a livello geografico, il baricentro si sta spostando in Asia, se si esclude Tesla. Non si è ancora affrontato il tema della costruzione di una filiera di riciclo delle batterie, perché questi dispositivi dovranno avere più vite. Una volta dismessi dalle auto dovranno trovare altri usi meno demanding in termini di performance e affidabilità, magari come storage dell’energia domestica”.
Non solo: per quanto riguarda il tema dei prezzi, prima o poi si arriverà a un’equiparazione dei costi tra e-car e termico, ma è un peccato aver rottamato una filiera con così tanta competenza senza aver avviato una transizione più interessante. Si va sempre più verso veicoli di costruzione cinese e questo sposterà l’asse mondiale. I costruttori tedeschi hanno fatto breccia soprattutto sui mercati asiatici, ora invece si invertiranno i rapporti di forza. “In Italia – aggiunge De Mattia – la riconversione è già iniziata, quasi la metà dei componentisti si è già riconvertita, ma non è possibile pensare che riusciranno a farlo tutti. I volumi si stanno riducendo e continueranno a farlo nei prossimi anni”.
Due sono i temi che rendono ancora più complesso il momento storico per l’automotive. La prima è il cosiddetto “chip shortage”, la scarsità di semi-conduttori che ha rallentato il mondo dell’automotive. Qui si rischia grosso perché nel caso di ulteriore aumento delle tensioni su Taiwan, principale produttore mondiale di chip, si potrebbe arrivare alla paralisi. “Le difficoltà per chi è nel nostro settore – continua De Mattia – sono enormi. Stiamo iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel ma per la metà del 2023 dovremmo tornare alla normalità. Nel frattempo abbiamo cambiato le modalità di progettazione: si parte prima dall’identificazione dei chipset disponibili e poi si procede al design”.
Gli incentivi
Altro tema caldissimo: gli incentivi. Il governo ha deciso di concederli soltanto ai privati, escludendo tutta la parte dei noleggi che pure rappresenta una costola fondamentale. Sia perché i noleggi a lungo termine rappresentano l’85% delle flotte aziendali sia perché è questo il comparto che ha garantito un’accelerazione nella transizione tecnologica dei propulsori introducendo hybrid e auto elettriche. Non solo: già oggi l’Italia ha una normativa fiscale penalizzante che porta a un’asimmetria in materia di Iva rispetto ad altri Paesi europei. “E’ la dimostrazione di come la neutralità carbonica del settore automotive debba essere gestita con visione strategica sul breve, medio e lungo termine. I temi industriali e soprattutto sociali – conclude De Mattia – se non gestiti in modo corretto possono rappresentare un’ulteriore criticità per i lavoratori e interi comparti del Paese”.