Lo sfruttamento dei liberi professionisti
Chi studiava fino a qualche decennio fa era introdotto nella professione da qualche Collega più anziano che si faceva carico di far atterrare sul pianeta "lavoro" chi levitava nell'aere post-universitario. Un limbo composto ancor'oggi di tante aspettative piuttosto distanti dalla realtà della professione (e della partita iva).
Era formazione gratuita; anzi spesso si aiutavano concretamente i più giovani per solidarietà di categoria o intra-generazionale. Molti di noi ricordano con gratitudine questi veri e propri "maestri" che ci fecero muovere i primi passi nel mondo del lavoro.
Qualche anno fa si chiese alle Università più training, a scapito della teoria. Così esse dovettero investire in strutture anche molto onerose, per far fare della presunta pratica a chi non aveva spesso gli strumenti multidisciplinari per capirla ed attuarla.
Per molti, visti i risultati, si tratta di tempo perso, laddove l'esercizio non segua la conclusione del ciclo di studi. Il vero apprendistato deve dunque spostarsi, più di prima, al di fuori dell'ambito universitario.
Nel frattempo le normative sulla sicurezza sul lavoro rendevanoi molto difficile per un professionista accettare un tirocinante: molti vi rinunciavano per i rischi burocratici. La buona volontà cozzava paradossalmente proprio contro le normative sulla sicurezza e sull'inquadramento dei subordinati o collaboratori.
A questo punto molti neo-laureati accettano, loro malgrado, "consulenze" che mascherano turni di lavoro spesso massacranti, retribuiti pochi euro/ora. In certi casi rimangono in questa condizione "a vita", dando luogo al fenomeno delle false partite iva.
Oggi i neo-laureati sono costretti a pagare di tasca propria (o dei genitori) per fare dei "corsi di pratica", accettati in strutture che pubblicizzano alla luce del sole, queste "offerte" formative.
Spesso provenienti da soggetti che non rispondono alle normali regole fiscali delle partite iva (onlus, fondazioni, associazioni, cooperative...), con l'aggravante della concorrenza sleale.
Siamo andato indietro, creando ulteriore povertà e minori entrate fiscali per lo Stato.
Le regole sono andate nella direzione sbagliata e come spesso accade non siamo capaci di rivederle per un mercato del lavoro più equo.
Dr. Angelo Troi - Segretario SIVeLP