Manager più high-tech. Agli italiani l'Oscar
di Milo Goj
Siamo un Paese di forward thinkers. Così una ricerca, condotta da Coleman Parkes per conto di Ricoh Europe, definisce i manager italiani. L'espressione inglese, traducibile pressapoco come "lungimiranti" o "propensi a guardare avanti", si adatterebbe bene ai nostri uomini d'azienda, più attenti, rispetto alla media europea, ai vantaggi e in generale ai cambiamenti che le nuove tecnologie porteranno nel modo di lavorare.
Secondo lo studio, condotto su un campione di 2.200 dirigenti europei attivi in 8 differenti settori (istruzione, comparto legale, utilities/energia, sanità, Pubblica Amministrazione, retail, manifatturiero e finanza) emerge ad esempio, che mentre il 14% dei manager svizzeri e il 12% di quelli tedeschi e olandesi ritiene che gli strumenti interattivi "touch" non saranno mai applicati in azienda, da noi la percentuale dei pessimisti scende al 6%.
Per quanto riguarda, poi, i cosiddetti trasmettitori sensoriali (piccoli dispositivi adattati all'orecchio che consentono di trasmettere dati audio e video direttamente al cervello sotto forma di segnali elettronici), soltanto il 15% dei nostri manager ritiene che si tratti di un sogno da fantascienza, assolutamente inapplicabile in azienda. Percentuale che nei Paesi nordici e nel Regno Unito sale al 27% e in Germania al 28%.
Ma gli esempi non mancano. Il 65% dei nostri manager ritiene che i sistemi di riconoscimento vocale presto saranno applicati in azienda. Percentuale che dà alle nostre aziende, insieme a quelle russe, l' etichetta di forward thinkers. Al contrario di quelle dell'Olanda e della Scandinavia, i Paesi con più scettici. E anche nell'adozione degli occhiali per la realtà aumentata, i nostri manager, con il 62% del campione, sono, insieme ai russi i più fiduciosi, mentre gli increduli si annidano soprattutto in Germania e nei Paesi del Nord.