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Economia
Mazzata per Microsoft, il fisco Usa batte cassa: deve pagare 29 mld di tasse
Satya Nadella ceo di Microsoft

Tasse non pagate, grane in arrivo per Microsoft. L'azienda replica: "Impugneremo il provvedimento" 

Mazzata in arrivo per il colosso tech guidato dall'indiano Satya Nadella: l'Internal Revenue Service (Irs), il fisco Usa, ha chiesto a Microsoft di pagare la cifra esorbitante di 29 miliardi di dollari in tasse non pagate dal 2004 al 2013. Lo ha riferito la società in una nota nella quale annuncia che farà ricorso. Microsoft ha affermato che la disputa con l'Irs riguarda il trasferimento delle entrate attraverso giurisdizioni internazionali, una pratica chiamata 'condivisione dei costi' e utilizzata da molte grandi multinazionali. "Crediamo fermamente di aver agito in conformità con le norme e i regolamenti dell'Irs e che la nostra posizione sia supportata dalla giurisprudenza", ha dichiarato la società che si dice pronta a impugnare il provvedimento. 

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Le tasse delle big tech statunitensi rappresentano un problema per i governi di tutto il mondo che accusano aziende come Apple, Amazon o Microsoft di reindirizzare le entrate verso paesi con una tassazione bassa o nulla al fine di sfuggire al fisco nei loro mercati principali e massimizzare i profitti. L'Unione europea nel 2016 ha ordinato ad Apple di pagare 13 miliardi di euro (14 miliardi di dollari) di tasse arretrate, ma Bruxelles ha perso l'appello ed è in attesa dell'esito di un ulteriore appello. 

Ma non solo. Anche il governo italiano si sta muovendo per adeguarsi alla Direttiva Ue che intende imporre alle multinazionali la global mininum tax. A settembre di quest'anno il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha spiegato che il decreto legislativo sarà allineato alle regole fiscali internazionali già stabilite e condivise a livello Ocse e G20. La riforma fiscale in atto ha lo scopo di ridurre la differenza tra i diversi livelli di tassazione nei Paesi dell’area europea e prevede due pilastri: il primo pensa a una revisione delle regole di allocazione dei profitti di multinazionali; il secondo, invece, è volto all’introduzione di una tassazione minima (global minimum tax) del 15% per le multinazionali e le grandi imprese nazionali, oltre i 750 milioni di euro di ricavi. 

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