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Economia
Mes e coronabond, mission impossible di Conte. E l'Ue si sta scavando la fossa

Per Liberi e Uguali l’Unione europea si sta scavando la fossa. Chissà se è lo stesso pensiero di Giuseppe Conte che in queste ore di grande emergenza per l’espansione del Covid-19 sta tentando di portare a casa per l’Italia a Bruxelles, spalleggiato come accadde per il nostro Paese nel 2012 (allora al governo c’era Mario Monti e in ballo c’era il varo dell’unione bancaria) da Francia e Spagna, l’uso flessibile (senza condizionalità macroeconomiche in stile Troika) del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) da cui ricevere 36 miliardi di prestito e il varo dei coronabond, obbligazioni europee necessarie a condividere lo sforzo per arginare gli effetti della pandemia. Punti di evoluzione comunitaria a cui il solito blocco dei Paesi del Nord si sta ancora una volta opponendo.

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Fatto sta che LeU, partito della coalizione di Governo, si è appena indignata per l’ostruzionismo che anche “in uno scenario di emergenza totale” sta arrivando da Olanda, Austria, Finlandia e Germania e per bocca dei capigruppo di Senato e Camera Loredana De Petris e Federico Fornaro ha evidenziato come "in molti Stati europei non c'è comprensione del rischio che seguendo queste logiche egoistiche l'Europa sia destinata a implodere con scenari devastanti per la tenuta della coesione sociale dell'intero Vecchio Continente”.

A scatenare l’indignazione di Leu è stata la lettera inviata dal presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno al presidente Ue Charles Michel in vista del vertice dei 27 capi di Stato e di governo che si terrà domani in videoconferenza. Missiva in cui Mr Euro ha rivelato che tra i ministri finanziari dell'area della moneta unica c'è un "largo consenso” sul fatto che “risorse significative del Mes dovrebbero contribuire alla nostra risposta coordinata" allo choc simmetrico Covid-19 all'interno però del quadro del Trattato Mes che prevede l'attuale linea di credito rafforzata. Centeno, secondo quanto riporta l’agenzia Radiocor, propone di definire "le necessarie specificazioni tecniche prima della fine della prossima settimana”.

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Largo consenso significa che l'Eurogruppo non è riuscito a trovare l’unanimità sulla questione centrale delle condizioni in base alle quali gli Stati avranno accesso alla linea di credito. Centeno ha indicato che si sta lavorando a una specie di “spacchettamento” della condizionalità: il sostegno Mes “sarebbe usato per i costi sanitari ed economici” della crisi del coronavirus e “nel lungo termine gli Stati dovrebbero concentrarsi sull'azione per assicurare un percorso sostenibile”. In più, il Mes sarebbe "disponibile a tutti con termini standard appropriati, sulla base di una preventiva valutazione da parte delle istituzioni” (la Commissione ma non solo).

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Dunque, lo schema sul quale si muoverebbe l'Eurogruppo sembra fondarsi sul rinvio della condizionalità relativa al rientro del Paese in una posizione di bilancio sostenibile nel tempo alla fase successiva alla fine dell'emergenza sanitaria. Una condizionalità rispetto al raggiungimento di obiettivi di bilancio (austerity) comunque sempre presente, anche se spostata più avanti e accessibilità soggetta sempre a un giurì.

Italia, Spagna, gli altri Paesi del "fronte del Sud” appoggiati anche dalla Francia si sono opposti fin dall'inizio alla classica condizionalità dei prestiti Mes (seguendo il modello Grecia, in sostanza) che prevede una stretta supervisione europea. Quanto ai coronabond, Centeno addirittura non ne ha parlato nella lettera a Michel limitandosi a indicare, nel solito burocratese comunitario, che il sostegno del Mes “sarebbe un importante e rapido primo passo fondato sugli strumenti attuali”.

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Se sui prestiti che il Mes potrebbe concedere per far fronte all’emergenza coronavirus, è l’Olanda più ancora della Germania a puntare i piedi, insistendo per non allentare la condizionalità connessa a questi aiuti poiché è convinta che l’Italia fra spesa in deficit per la sospensione del patto di Stabilità, pacchetto europeo complessivo da 37 miliardi di euro e liberalizzazione degli aiuti di Stato, abbia già ricevuto abbastanza. Sui coronabond, invece, il “nein” ancora una volta è quello di Berlino, che non vuole condividere le garanzie sul debito (forse perché già crede che salteremo con il rapporto debito/Pil che post-crisi secondo qualche stima potrebbe schizzare al 150%?). Opzione difficile da far digerire all’elettorato tedesco consapevole dell’elevato indebitamento italiano che Roma in 20 anni non è riuscita a ridurre.

Sull’introduzione di questo strumento, oltre a Macron e a Sanchez, a fianco di Conte ci sono Wilme's (Belgio), Mitsotakis (Grecia), Varadkar (Irlanda), Bettel (Lussemburgo), Costa (Portogallo) e Jansa (Slovenia), premier che hanno formalizzato l’alleanza con una lettera a Michel. Gruppo che schiera anche la presidente della Bce Christine Lagarde. Un alleato prezioso che fino a due settimane fa con quel "non siamo qui per ridurre lo spread" era annoverata fra i falchi del Vecchio Continente. Lo schieramento dei questuanti è folto. Chissà se basterà però a far breccia in un Consiglio che si preannuncia infuocato.

@andreadeugeni

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    coronabondmesconsiglio europeogiuseppe conte




    
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