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Economia
Moda archivia il Covid. Hermes al top per redditività. Prada prima italiana
Hermès

Sempre secondo le stime dell'Area Studi di Mediobanca, il giro d'affari delle grandi aziende italiane (fatturato superiore a 100 milioni di euro) che nel 2020 un duro contraccolpo a causa della pandemia, registrando un giro d'affari totale di 49,8 miliardi, in contrazione del -22,8% sul 2019 e del -9,7% sul 2016, dovrebbe essere salito del +22% nel 2021. Il ritorno ai livelli pre-crisi è atteso nel 2022.

Il loro peso sul Pil nazionale è dello 0,9% (1% nel 2016). Secondo lo studio, tra i comparti spicca l'abbigliamento, che determina il 43,9% dei ricavi aggregati, seguito da pelli, cuoio e calzature (27,1%). Quanto al trend delle vendite nel 2019-2020, il tessile registra il calo maggiore (-34,6%), mentre la gioielleria il minore (-19,8%). Nel 2020 è risultata in sofferenza anche la redditività con l'ebit margin aggregato sceso all'1,8% (dal 7,8% del 2019). Gioielleria e tessile sono risultati i comparti più redditizi nel 2020 (ebit margin, rispettivamente, del 6,9% e 3,2%).

La presenza di gruppi stranieri nella moda italiana

Lo studio di Mediobanca evidenzia anche la presenza di gruppi stranieri nella moda italiana: 59 delle 134 grandi aziende moda Italia hanno una proprietà straniera che controlla il 38,5% del fatturato aggregato (il 19,1% è francese, fra cui Kering con l'8,7% e Lvmh con il 6,4%).

L'impatto della crisi è stato più evidente per le imprese a controllo italiano rispetto a quelle a controllo estero: sia in termini di ridimensionamento del giro d'affari (-23,3% contro il -22%), sia in termini di contrazione della reddività (-6,5 punti contro -5 di ebit margin), pur rimanendo lievemente più profittevoli le prime (ebit margin all'1,9% contro 1,7%).

Ad ogni modo la proiezione internazionale è una delle caratteristiche più rappresentative delle società manifatturiere della moda italiana: il 66,6% del fatturato complessivo proviene, infatti, dall'estero, con in testa la gioielleria (75,7%), l'abbigliamento (69,9%) e il tessile (68,3%). Nel 2020 l'occupazione del settore è calata, con circa 15.400 addetti in meno (-5,5% sul 2019, ma +6% sul 2016), per una forza lavoro totale di quasi 265mila unità a fine 2020.

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