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Economia
Fisco/ Ok dell'Ecofin alle norme contro l'evasione per le multinazionali

L'Ecofin ha approvato le nuove norme che impediscono alle multinazionali attive in diversi paesi Ue tramite le loro sussidiarie di approfittare dei diversi regimi fiscali per pagare meno tasse. La decisione è stata presa superando le resistenze di alcuni paesi che traevano profitto da tale situazione, e segue di pochi giorni le pressioni della Commissione europea su Irlanda, Olanda e Lussemburgo perchè chiarissero le posizioni fiscali di alcune multinazionali operanti nei loro confini.

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L'Ecofin ha anche dato via libera alle raccomandazioni per l'Italia, che deve rafforzare le misure di bilancio per il 2014 e nel 2015 operare un sostanziale rafforzamento della strategia di bilancio per garantire il rispetto del requisito di riduzione del debito, secondo le indicazioni della Commissione Ue. Non viene chiesta, come era già chiaro nella proposta comunitaria, una manovra aggiuntiva quest'anno. La sola aggiunta al testo della commissione nella versione finale del testo passato all'ecofin riguarda il riferimento a "garantire progressi verso l'obiettivo di medio termine" nel 2014 e il raggiungimento dello stesso obiettivo nel 2015.

Tornando alla direttiva sulle sussidiarie, questa è stata originariamente concepita per prevenire società dello stesso gruppo, con base in diversi Stati, dall'essere tassate due volte. Ma alcune aziende hanno sfruttato le regole europee e le differenze nella tassazione tra gli Stati per evitare di pagare le tasse 'tout court'. Le nuove regole colmano le lacune della vecchia direttiva facendo in modo che i 'prestiti ibridi' non possano beneficiare di esoneri fiscali. Gli Stati hanno fino al 31 dicembre per trasporre la direttiva nella legislazione nazionale.

Basti pensare che ogni anno in Europa sfuggono agli occhi del Fisco un migliaio di miliardi di euro: a tanto ammonta il combinato di evasione (850 miliardi circa) ed elusione (altri 150 miliardi) fiscale nel Vecchio Continente. Da questa cifra è facile capire come ogni richiesta di abbassare il cuneo fiscale su imprese e lavoratori, ripetuto come mantra dalle parti sociali, sia destinato a fallire se non si scalfisce questa riserva di denaro finora inaccessibile alle casse pubbliche, con aggravio della collettività contribuente.

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Di fatto le multinazionali rincorrono con le proprie filiali le normative più vantaggiose, domiciliare in quello Stato l'attività e fare in modo che dalla società residente in quel Paese "amico" transiti gran parte del profitto (quindi dell'imponibile al Fisco). Con buona pace della collettività di un altro Stato, che realmente garantisce a quella azienda il successo acquistando i suoi prodotti, prestando ad essa lavoro, guardando le sue pubblicità: per il Fisco quel mercato è secondario rispetto a quello dove si trova la sede della società "capofila". Insomma, una corretta gestione dei rapporti intersocietari permette di evitare gli appuntamenti con le tasse.

Il problema è esploso quando le cronache hanno evidenziato le prassi di alcuni colossi multinazionali, come quelli del web e affini come Google, Apple, Amazon, Facebook, Starbucks, ma anche Fiat che riescono a far passare la loro mole d'affari sotto la lente del Fisco in Paesi dalla tassazione meno severa (come l'Irlanda) rispetto a quella applicata nei Paesi dove si dipanano i loro interessi. Proprio di recende l'Ue ha aperto un'inchiesta nei confronti di Fiat, Apple e Starbucks.

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