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Economia
Navigator, è un naufragio. Ecco che cosa non ha funzionato

di Piero Righetti

 

Il Reddito di cittadinanza nelle intenzioni di chi l’ha “inventato” e “costruito” giuridicamente avrebbe dovuto avere un duplice scopo: far uscire dalla povertà milioni di persone e introdurre concreti strumenti di politica attiva del lavoro, talmente efficaci da creare almeno un milione di nuovi posti di lavoro nel giro di 2-3 anni.

Più in particolare, per realizzare queste possibilità di nuova occupazione era stata prevista l’istituzione di una apposita figura professionale, quella dei navigator che, nelle intenzioni (o nelle speranze?) dei proponenti, avrebbero dovuto assicurare, grazie anche alla specifica preparazione posseduta, un sistematico incontro tra domande e offerte di lavoro. Sempre i navigator inoltre avrebbero dovuto risolvere finalmente l’annoso problema della quasi totale inefficienza – organica, professionale e strumentale – dei nostri Centri per l’impiego.

I risultati, dopo più di 6 mesi dall’entrata in vigore del Decreto Legge n. 4 del 28 gennaio u.s., che ha istituito il Reddito di cittadinanza, sono sotto gli occhi di tutti: il sussidio mensile, fissato in 780 euro, è stato chiesto (e concesso) da un numero di persone notevolmente minore di quello previsto, per importi inferiori nel 70 per cento dei casi a 300 euro mensili e, almeno fino ad ora, senza l’effettuazione di un minimo di quei controlli previsti dalla legge allo scopo di evitare la concessione dei sussidi a chi non ne aveva diritto. In pratica tutti i sussidi finora concessi, alcune centinaia di migliaia, sono basati quasi soltanto sulle autodichiarazioni fatte dagli stessi richiedenti.

 

Se comunque può dirsi che il Reddito di cittadinanza come intervento assistenziale ha funzionato almeno in parte, come strumento di politica attiva del lavoro è stato invece in questi mesi un fallimento totale.

Ad oggi infatti i Centri per l’impiego non sono riusciti a creare, tranne forse limitatissime eccezioni, nemmeno un nuovo posto di lavoro. Di più, nessuno dei lavoratori cui è stato concesso il sussidio ha ancora sottoscritto il “patto per il lavoro”, che è l’atto che precede il concreto avvio al lavoro.

E questo fallimento deriva sia dalla approssimazione e dalla superficialità con cui sono state scritte e poi approvate quasi tutte le disposizioni contenute nel Decreto n. 4 e nella relativa Legge di Conversione, sia dai tempi, irreali e quindi difficilmente realizzabili, fissati per le varie fasi in cui è stato articolato l’iter per assicurare nuova occupazione, sia infine dalle radicali modifiche restrittive apportate alla figura stessa e ai compiti dei navigator che, nella migliore delle ipotesi, cominceranno a lavorare, senza comunque possedere la necessaria professionalità, non prima del prossimo mese di settembre.

I compiti affidati ai 2980 navigator che hanno superato la prova di selezione sono dunque totalmente diversi e fortemente ridotti rispetto a quelli inizialmente previsti. Quasi tutte le Regioni infatti si sono opposte sin dall’inizio all’introduzione nel nostro ordinamento di questa particolare figura professionale, a loro avviso lesiva delle proprie competenze in materia di politica del lavoro e non in grado, oltretutto, di operare in modo efficace nella complessa e difficile realtà del nostro mercato del lavoro.

È un fatto inoltre che i 471 navigator assegnati alla Regione Campania difficilmente potranno prendere servizio almeno nel breve periodo e che contro tutti gli altri già pendono numerosi ricorsi: quelli presentati sia dalle persone non ammesse alle prove di selezione o ammesse ma non dichiarate idonee e quelli presentati dai dipendenti a tempo determinato di ANPAL Servizi che, dopo anni di lavoro in questa Struttura prima chiamata Italia Lavoro, pur essendo a rischio licenziamento (una ventina infatti sono già stati licenziati o stanno per esserlo) dovrebbero curare (e con quale tranquillità?) la formazione professionale degli stessi navigator.

Sottolineo inoltre che, oltre al ridimensionamento dei loro compiti, diventati di sola “assistenza tecnica” agli Uffici del lavoro, tra le Regioni che hanno già firmato l’apposita convenzione con l’ANPAL – necessaria per l’entrata in servizio dei navigator – Lazio e Calabria hanno espressamente vietato un qualsiasi “rapporto diretto” tra navigator e beneficiari del Reddito di cittadinanza da avviare al lavoro.

Dunque una serie di ostacoli per tutte queste persone che, assunte per un periodo massimo di 2 anni, ben presto dovranno cominciare a “combattere” per salvare il proprio posto di lavoro. Altro che “inventare” nuova occupazione a chi oggi non ce l’ha (si stimano in 400-500mila i sussidiati da considerare “occupabili”, desiderosi cioè e in grado di lavorare concretamente).

Da ultimo va sottolineato che sono decenni ormai che le parti sociali e gli esperti del mercato del lavoro insistono sul fatto che il mancato incontro tra domande e offerte di lavoro è dovuto, prima di tutto, alla mancanza dei necessari strumenti informatici di cui sono invece dotati, e da tempo, gli Uffici del lavoro di quasi tutte le nazioni che fanno parte dell’Unione Europea, strumenti informatici di cui il Decreto n. 4 e la Legge di conversione avevano previsto una rapida ed effettiva realizzazione e un grado di efficienza ben lontano purtroppo dalla concreta realtà dei nostri Centri per l’impiego i cui computer, quando ci sono, sono spesso obsoleti o non in grado di colloquiare nemmeno con quelli della stanza accanto.

In conclusione, una ulteriore, amara considerazione: ad oggi sembra quanto mai probabile che gli unici posti di lavoro creati con il Reddito di cittadinanza saranno quelli dei navigator, posti oltretutto che per il momento non sono nemmeno definitivi.

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