#NoCashTrip/ Viaggio da Sud a Nord senza contanti
Un viaggio in Italia senza mai usare contanti. Tre persone, Gianluigi De Stefano, giornalista, Pietro Guastamacchia, freelance e Nicola Cavalazzi, che da anni lavora nella casa di produzione cinematografica londinese “11 little films”, un'automobile e solo mezzi di pagamento immateriali: carte di credito, prepagate, bancomat, smartphone Nfc, carte servizi. Sette giorni da Sud a Nord per scoprire quanto è ampio l'e-payment divide in Italia e chi sono gli imprenditori che innovano per superarlo. Affaritaliani.it ha intervistato Gianluigi De Stefano, uno dei membri del team di #NoCashTrip.
Come nasce l'idea del viaggio?
"È nata l'anno scorso, quando Geronimo Emili, fondatore di CashlessWay, stava lanciando la terza edizione del NoCash Day. Maneggiavamo dati inquietanti sull'uso del contante in Italia, se la si paragona alle altre economie avanzate. In Europa siamo gli ultimi insieme a Grecia e Spagna per diffusione di pagamenti elettronici: noi volevamo capire perché, e così ci mettemmo in viaggio. L'anno scorso abbiamo scelto un percorso simbolico per la storia della moneta: Roma, dove è nato il termine "moneta", Prato, che nel medioevo ha dato i natali alla prima cambiale della storia, Firenze per il Fiorino, Genova per il Banco di San Giorgio e poi Milano, il luogo dove la moneta corre a forte velocità. La sopravvivenza non è stata facile, ancora non c'era il decreto sui Pos. Quest'anno abbiamo scelto un itinerario che ci portasse dove si fa innovazione per ridurre quello che abbiamo battezzato "epayment divide". Volevamo vedere se l'intuizione di una definizione così efficace corrispondesse alla realtà".
Dopo 7 giorni attraversando l'Italia da Sud a Nord, possiamo dire che si può viaggiare senza contanti?
"Si può ma bisogna armarsi di una grande pazienza. Il rapporto degli italiani con i soldi contanti è ancora morboso, quasi scaramantico. Pochissimi hanno un pos perché convinti dal decreto. Chi lo possiede ha capito da tempo che è ormai un mezzo irrinunciabile e chi non ce lo ha ancora tenterà di resistere fino all'ultimo. Ovviamente sono convinto che questi ultimi sbagliano perché, se vuoi la mia opinione, non basata su dati statistici ma su quel che ho visto, il pos aiuta le aziende, non le penalizza".
Quali sono state le aziende più virtuose?
"Sono parecchie e ci sono anche aziende che apparentemente pagano un conto salato sulle transazioni. La realtà è che per loro la moneta elettronica rappresenta l'opportunità di rendere più efficiente il servizio ai clienti. Ma è anche una questione di sicurezza: non dimentichiamoci che un distributore di benzina o un negozio dove non gira contante non possono essere rapinati. Le grandi reti sono per questo le più virtuose. Per il piccolo commercio, invece, ogni negozio ha la sua storia. L'Oscar va al titolare di un box che vende souvenir di San Giovanni Rotondo che mi ha fatto pagare con carta un'immagine del Santo da 50cent. E poi ovviamente quelle che hanno sostenuto il viaggio: TotalErg, ad esempio, e quelle da anni attive sul fronte della smaterializzazione dei pagamenti come American Express, Bassilichi, Edenred, HTC, Sodexo e Vodafone".
Chi fa più uso della moneta elettronica: giovani o adulti? Professionisti e altri lavoratori?
"È un punto curioso perché, ovviamente i professionisti tra i trenta e i quaranta sono i principali utenti. Però i giovani, che maneggiano ogni sorta di app per smartphone basata solo sull'epayment, hanno un rapporto che definirei naturalmente funzionale con la moneta elettronica. Forse, quando saranno grandi, le banconote saranno solo pezzi da collezione".