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Economia
Non mandate Draghi al Quirinale: Super Mario ora deve riformare il Patto Ue

Cifra tonda: 160%. Il debito pubblico italiano sfiora livelli storici mai visti in precedenza, mentre il ritorno del Patto di Stabilità previsto per il primo gennaio 2023 si avvicina. E l’effetto immediato è chiaro: riproposizione delle vecchie regole fiscali di austerity, limite del 3% per il rapporto tra deficit e Pil e debito pubblico tendenzialmente sotto il 60% del Pil che mette le spalle al muro il nostro Paese per il Moloch da quasi 2.600 miliardi di euro da abbattere. Mission da far tremare i polsi se poi è da mettere in cantiere con la Bce in fase di riduzione degli stimoli monetari e di allontanamento dalla politica dei tassi a zero. 

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Il candidato alla cancelleria per la Cdu Armin Laschet


 

Una sorta di “ritorno al rigore”, alla vecchia  e lontana “normalità”, tanto cara ai “falchi” tedeschi, così come ai rigoristi del Nord, olandesi e finlandesi in primis o ai gollisti francesi, sempre più vicini all’Eliseo dopo il ko tecnico di Emmanuel Macron e Marine Le Pen alle amministrative. Ma a mettere il freno alle ex pratiche economiche targate Ue c’è ora l’Italia in prima linea, con l'ex banchiere centrale Mario Draghi, personalità dal grande credito che all'ultimo G7 è stato incaricato di fare un'analisi economica della congiuntura da presentare agli altri capi di Stato e di governo.

Il presidente del Consiglio, nel discorso pronunciato all'adunanza solenne di chiusura dell'anno accademico dell'Accademia nazionale dei Lincei, non usa mezzi termini: è necessario riformare il Patto di Stabilità  per contrastare la recessione economica comunitaria. Anche se “ ad oggi, il tasso d'inflazione all'interno della zona euro continua a rimanere basso e a richiedere una politica monetaria accomodante. Tuttavia, in futuro queste circostanze potrebbero non ripetersi se le aspettative di inflazione dovessero eccedere in maniera duratura l'obiettivo statutario della Bce”; spiega Mario Draghi.

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Il presidente francese Emmanuel Macron

Dunque, “a livello europeo dobbiamo ragionare su come permettere a tutti gli Stati membri di emettere debito sicuro per stabilizzare le economie in caso di recessione", sottolinea il premier. E qui il punto: “La discussione sulla riforma del Patto di Stabilità, per ora sospeso fino alla fine del 2022, è l'occasione ideale per farlo. Una risposta credibile a questo problema consentirebbe di migliorare la capacità della zona euro di rispondere alle crisi e allo stesso tempo rafforzerebbe ulteriormente l'indipendenza della Bce. Una politica fiscale espansiva non è in contrasto con la graduale discesa del rapporto tra debito e prodotto interno lordo necessaria nel medio periodo per ridurre le fragilità di una sovraesposizione", afferma Draghi.

Ricordando che “oggi è quindi giusto indebitarsi, ma questo non è sempre vero. Questo mi porta a una distinzione a cui avevo accennato qualche mese fa, tra quello che chiamo debito buono e quello che chiamo debito cattivo. Ciò che rende il debito buono, o cattivo, è l'uso che si fa delle risorse impiegate”, ribadisce il premier Draghi. Il debito tanto temuto può “unirci, se ci aiuta a raggiungere il nostro obiettivo di prosperità sostenibile, nel nostro Paese e in Europa. Ma può anche dividere, se solleva lo spettro dell'azzardo morale e del trasferimento di bilancio”. 

(Segue...)

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