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Area Studi Mediobanca: le medie imprese italiane guidano la produttività in Europa

Barbaresco (Mediobanca): "Costi dell’energia e mismatch sono certamente un problema per le medie imprese industriali"

di Redazione Corporate

Area Studi Mediobanca: presentato il XXIV Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e il Report “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica”

Le medie imprese italiane si confermano tra le realtà più dinamiche e competitive del panorama manifatturiero europeo. Secondo quanto emerge dal XXIV Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e dal Report “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane”, elaborati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e da Unioncamere e presentati oggi a Genova, queste aziende si distinguono per una performance che supera quella delle concorrenti tedesche e francesi in termini di fatturato e occupazione, e primeggiano per produttività del lavoro, superando anche le spagnole, che pure guidano la classifica per crescita complessiva.

Nel decennio 2014-2023, le 3.650 medie imprese italiane, prevalentemente attive nei settori del made in Italy, hanno fatto registrare un aumento del 31,3% della produttività, una crescita del 54,9% delle vendite e un incremento dell’occupazione pari al 24,2%. Tali risultati pongono queste aziende sullo stesso piano delle imprese nazionali di medio-grande dimensione, cresciute del 55,3%, e addirittura al di sopra dei gruppi più grandi, che si sono fermati a +42,1%.

Il 2025 si prospetta come un anno in lieve ripresa dopo un biennio, il 2023 e il 2024, segnato da leggere flessioni nel fatturato (-1,5% e -1,3% rispettivamente), ma da un export in tenuta (+0,1% e +2,5%). Le previsioni indicano infatti un ulteriore incremento delle vendite, stimate in crescita del 2,2% sul mercato complessivo e del 2,8% per quanto riguarda le esportazioni. Tuttavia, permangono elementi di incertezza che potrebbero rallentare il percorso di crescita.

Tra le principali preoccupazioni per queste imprese, si evidenziano la competizione con i player a basso costo – che riguarda circa il 70% del campione – l’instabilità geopolitica e i crescenti costi dell’energia. Restano, inoltre, irrisolte due criticità strutturali ben note: la pressione fiscale, che si conferma penalizzante per le imprese di taglia media, e il mismatch occupazionale, ovvero la difficoltà a trovare lavoratori con le competenze richieste, un problema che colpisce 8 aziende su 10.

I dati fiscali evidenziano un divario significativo tra medie e grandi imprese: queste ultime beneficiano di un tax-rate inferiore di 5,8 punti. Se anche le Mid-Cap italiane avessero potuto contare sulla stessa aliquota, avrebbero risparmiato 6,2 miliardi di euro nell’ultimo decennio, con oltre un miliardo solo nel 2023.

Un’ulteriore fonte di vulnerabilità potrebbe derivare dai dazi imposti o minacciati dagli Stati Uniti: il 30% delle medie imprese sarebbe significativamente colpito, mentre un ulteriore 21,3% subirebbe un impatto più contenuto. Il rischio è particolarmente rilevante per le imprese attive nel mercato statunitense – che rappresenta il 10% dell’export totale del segmento – e interessa nel complesso quasi due terzi delle medie imprese italiane. Le strategie di reazione più diffuse includono l’aumento dei prezzi (33,2%), una maggiore focalizzazione sul mercato europeo (25,3%) e l’esplorazione di nuove destinazioni commerciali (18,1%).

A fronte di queste sfide, oltre la metà delle medie imprese (52,6%) invoca una politica commerciale europea più decisa contro il protezionismo e la concorrenza sleale, mentre il 31,2% auspica un intervento comune a livello europeo in materia di sicurezza energetica.

Costi dell’energia e mismatch sono certamente un problema per le medie imprese industriali, che peraltro confermano anche quest’anno di essere un segmento altamente competitivo del sistema produttivo nazionale” ha dichiarato Andrea Prete, Presidente di Unioncamere. Secondo Gabriele Barbaresco, Direttore dell’Area Studi di Mediobanca, “è dal post Covid che le medie imprese ravvisano la necessità di raggiungere una dimensione funzionale alla complessità del contesto. Si tratta di un obiettivo da perseguire con prudenza poiché comporta interventi organizzativi, manageriali e di governance, ma è certamente conforme ai nuovi scenari competitivi”.

Dal punto di vista economico, le medie imprese italiane rappresentano oggi il 17% del fatturato dell’industria manifatturiera nazionale, il 16% del valore aggiunto e il 14% sia dell’occupazione che dell’export. In Liguria, il 60% delle Mid-Cap è concentrato nell’area di Genova, dove generano un fatturato di 937 milioni di euro, pari al 61% del totale regionale.

Le medie imprese contribuiscono per il 45% all’export italiano e hanno una propensione ad esportare del 42%” – ha sottolineato Giuseppe Molinari, Presidente del Centro Studi Tagliacarne – “queste realtà produttive, con le loro elevate performance, sono la prova provata che quando il family business si organizza, anche dal punto di vista manageriale, e si apre alla competizione allargata, dà vita a un modello di successo per innovazione e produttività, anche nei confronti degli altri competitors”.

Le parole di Luigi Attanasio, Presidente della Camera di Commercio di Genova, confermano l’importanza di sostenere queste realtà: “Oggi le medie imprese sono per produttività, fatturato e occupazione la punta di diamante dell'industria italiana, in uno scenario internazionale ogni giorno più incerto e mutevole. Per Genova e la Liguria la sfida è creare le condizioni perché le piccole e medie imprese di oggi possano crescere, consolidarsi e diventare il perno di un sistema economico equilibrato e competitivo”.

A livello europeo, tra il 2014 e il 2023, la produttività delle Mid-Cap italiane – calcolata in termini di valore aggiunto per dipendente – ha superato quella delle omologhe tedesche, francesi e spagnole, crescendo del 31,3% contro il +29,9% delle imprese spagnole, il +25,8% delle tedesche e il +20,2% delle francesi. Anche in valori assoluti, l’Italia si colloca al primo posto: +3,3% rispetto alla Germania, +14,7% rispetto alla Francia e +18,7% sulla Spagna.

Se si considerano le performance in termini di fatturato (+54,9%) e occupazione (+24,2%), l’Italia si piazza al secondo posto, superata solo dalla Spagna (+80,8% e +45,8%). Anche sul fronte dell’innovazione le imprese italiane mostrano segnali di vitalità, con il 45,8% che possiede almeno un brevetto, superando le imprese francesi (32,2%) e spagnole (31,2%), anche se restano dietro alle tedesche (61,2%).

Di fronte a un contesto in continua evoluzione, le medie imprese italiane mostrano una spiccata propensione all’espansione: quasi il 70% punta a nuovi mercati esteri, mentre 3 su 10 prevedono un ampliamento strutturale, percentuale che sale tra le imprese di dimensione maggiore. Gli investimenti si concentrano soprattutto su tecnologia (55%) e sviluppo di nuovi prodotti (52,8%), con una crescente attenzione alla sostenibilità, settore nel quale il 29,1% intende intensificare gli sforzi.

L’aumento dell’occupazione ha portato le medie imprese a impiegare circa 540mila lavoratori, ma restano criticità in tema di parità di genere – le donne rappresentano meno del 25% della forza lavoro – e ricambio generazionale, con solo il 18,3% di under 30. Il problema principale, però, riguarda il disallineamento tra le competenze disponibili e quelle richieste, che spinge molte aziende a investire nella formazione (40,4%) o nell’automazione (37%) per compensare le difficoltà nel reperire risorse qualificate. L’incremento dei costi energetici ha colpito quasi il 60% delle imprese, con il 20,7% che segnala rincari molto elevati e il 20,5% che ha registrato un impatto negativo sui margini. In risposta, il 44,1% ha deciso di puntare su impianti da fonti rinnovabili.

Sul fronte ESG, l’80,4% delle medie imprese ha avviato percorsi strutturati, prevalentemente di natura ambientale. Tuttavia, la misurazione delle emissioni resta una criticità per il 62,3% delle aziende, limitando la possibilità di impostare strategie efficaci per la transizione ecologica. Solo il 40,9% delle Mid-Cap ritiene concretamente raggiungibile l’obiettivo delle “Emissioni Zero” entro il 2050.

Infine, se da un lato il 48,6% delle imprese giudica positivamente la politica energetica dell’Unione Europea per i miglioramenti attesi in termini di efficienza, dall’altro oltre un terzo segnala difficoltà dovute alla burocrazia e ai costi dei programmi green. Questo spiega perché il 33% delle imprese valuti come elevato il rischio di perdere competitività durante il percorso di transizione verso modelli produttivi più sostenibili.