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Economia
Opa Tim-Kkr, tra silenzi e non detti: tutti i punti ancora da chiarire

Servirebbe una dichiarazione forte da parte di chi, da numero uno di Vodafone, è sempre stato abituato a combattere le battaglie tipiche del capitalismo in prima fila. Invece niente, come se un’offerta – per quanto ancora abbozzata – per un’azienda che prima delle privatizzazioni sciagurate era il quarto operatore al mondo fosse una bazzecola.

E che, piaccia o non piaccia, sta provando a darsi un vestito diverso. Tant’è che Mf provava a mettere in fila le varie anime di Tim arrivando all’incredibile valutazione di circa 27 miliardi, tre volte tanto l’attuale capitalizzazione di Borsa. FiberCo 7,7 miliardi di euro, secondo Kkr; il resto della rete fissa 8 miliardi; Sparkle 1,4 miliardi; ICT-Olivetti 550/600 milioni; Telsy 250 milioni; Noovle prudentemente 4/5 miliardi; la partecipazione in Tim Brasil a 3,1 miliardi di euro di valore di mercato; altro 1 miliardo.

Il ministro Giorgetti, per esempio, ha quanto meno fatto sentire la sua voce: ha annunciato che il governo “valuterà l’interesse pubblico che è sotteso a una rete che ha profili anche strategici, quando l’Opa ci sarà e il piano sarò dettagliato”. Che è anche un modo per andare a “vedere” le carte di Kkr.

Perché il fondo americano avrà pure fatto un’offerta amichevole, ma ha posto delle condizioni che difficilmente si erano viste. Quattro settimane di tempo per un’Opa è una cosa singolare. Così come lo è la richiesta di adesione del management. Visto che Luigi Gubitosi viene dato traballante, questa seconda richiesta appare come una grande ciambella di salvataggio per un manager che – non solo per colpe sue, sia ben chiaro – sta portando risultati meno buoni delle attese.

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