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Economia
Petrolio, addio al low cost: è lenta risalita. Come guadagnare sui mercati

Settimana negativa per i titoli petroliferi a Piazza Affari, con Eni in calo di un punto percentuale abbondante appena sotto la soglia dei 14 euro per azione, Tenaris mentre Saipem e Tenaris hanno chiuso in rosso di oltre 4 punti rispettivamente a 3,526 euro e a 11,63 euro, eppure non tutti vedono nero e se Goldman Sachs ha penalizzato proprio Saipem tagliando da “buy” (acquistare) a “neutral” il giudizio sul titolo (e da 4,9 a 3,9 euro il prezzo obiettivo), altri come Swissquote hanno preferito concentrare la propria attenzione sulle prospettive delle quotazioni petrolifere.

pompa petrolio
 

Quotazioni che intanto sono risalite sopra i 51 dollari al barile, col future sul petrolio texano Wti che hanno chiuso la settimana sui 51,42 dollari, tornando su livelli che non si vedevano dallo scorso marzo, anche grazie alla prospettiva di un prolungamento degli accordi tra i paesi dell’Opec (l’organizzazione che riunisce i principali esportatori di petrolio al mondo) e la Russia (che non fa parte dell’Opec) per limitare la produzione.

Soprattutto, non si tratterebbe solo di un recupero di breve periodo: anche a medio termine la tendenza al ribasso del greggio sembra essersi interrotta. Come ha sottolineato in un report Yann Quelenn, analista di Swissquote, secondo le previsioni dello stesso Opec nel 2018 il petrolio dovrebbe scambiare, mediamente, a 55 dollari al barile, prezzo che implica un rialzo del 4% circa rispetto all’attuale prezzo del “paniere di riferimento”.

Alla base di questa previsione vi sono stime sempre più ottimistiche circa l’andamento dell’economia mondiale per l’anno venturo: in particolare l’Opec prevede che il nel 2018 l’economia mondiale crescerà del 3,6%, rispetto al +3,5% delle stime precedenti. In parallelo, la domanda di greggio, attualmente pari a 32,8 milioni di barili al giorno, dovrebbe salire a 33,1 milioni di barili. In ogni caso, nota ancora Quelenn, “potrebbe essere l’Opec stesso a frenare i prezzi, perché non vorrà rischiare un aumento troppo marcato o troppo rapido”.

Borsa
 

Può sembrare un controsenso, ma occorre ricordare che la “guerra del petrolio” è stata scatenata dall’Arabia Saudita e dai suoi alleati nell’Opec per fiaccare la concorrenza dei produttori americani che estraggono petrolio da giacimenti di scisto bitumoso a costi mediamente più elevati di quelli dei produttori “tradizionali”. “I prezzi attuali – ricorda lo stesso Quelenn - sono comunque inferiori alla curva dei costi della maggior parte dei produttori di argillite petrolifera e l’Opec ha tutto l’interesse a lasciarli a quel livello, per mantenere competitive le sue forniture”.

Una decisione, quella di consentire un rialzo graduale dei prezzi, che anche i paesi industrializzati e gli investitori non possono che apprezzare, perché garantisce ancora per molti trimestri energia a buon mercato, ingrediente fondamentale per consentire alla ripresa di estendersi e consolidarsi, contribuendo allo stesso tempo a limitare i rischi di una “fiammata” inflazionistica e dando così tempo anche alle banche centrali come Federal Reserve, Bce e Bank of England (e più in là anche Bank of Japan) di proseguire o avviare una prudente azione di ritiro graduale delle misure straordinarie messe in campo negli ultimi anni. In questo modo si potrà tornare a vedere politiche monetarie “normalizzate”, con tassi più alti dei livelli attuali (anche se difficilmente si tornerà ai livelli di prima del 2008) che diano alle banche centrali sufficiente spazio di manovra in vista di eventuali future crisi.

(Segue...)

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