Poggi: "Recovery Fund, investimenti e innovazione per rilanciare il turismo"
Per il leader di Deloitte l'industria delle vacanze può tornare a superare i livelli pre Covid. Perchè ciò accada bisogna focalizzare le risorse su pochi asset
«L’innovazione è l’unica soluzione per fare ripartire il turismo. Già prima del Covid-19 sapevamo che abbiamo bisogno di focalizzare risorse e investimenti in un settore strategico. L’esperienza, infatti, insegna che quando i Paesi investono sui propri ambiti di eccellenza, il Pil cresce. Ma con il Covid-19 questa evidenza è ancora più lampante: innovare questo asset strategico per l’Italia è più necessario che mai e le risorse che avremo con il Recovery Fund ci offrono un’occasione irripetibile». Lo ha dichiarato Andrea Poggi, Innovation leader di Deloitte Nord e Sud Europa, intervenendo in diretta a Class Cnbc sulle sfide per il turismo, uno dei settori di eccellenza italiana che più hanno subito l’impatto del nuovo Coronavirus.
«Per riuscirci, fondamentalmente, dobbiamo mettere in campo due iniziative», spiega Poggi. «Bisogna che gli investimenti in innovazione siano focalizzati su pochi, precisi ambiti della filiera del turismo. Ad esempio la mobilità e le Smart city o la promozione e vendita dei servizi turistici. Una volta identificati gli ambiti prioritari, dobbiamo concentrarci su quelli e coinvolgere start-up e imprese innovative per incubare, accelerare e trasferire le loro idee e soluzioni all’operatività del settore, delle sue imprese
tradizionali e delle sue istituzioni, facendo del “Trasferimento tecnologico” di pochi e distintivi asset innovativi incubati l’iniziativa principale del processo di innovazione», prosegue il leader di Deloitte.
«Ma innovazione non è solo digitalizzazione o virtualizzazione dei processi», precisa Poggi. «Il Covid-19 ci ha insegnato che le persone vogliono più innovazione, ma desiderano anche non perdere la dimensione umana al centro di ogni interazione. I processi di digitalizzazione e virtualizzazione, quindi, non devono essere fini a se stessi, ma devono essere pensati come soluzioni che facilitano la fruizione di servizi e la comunicazione tra le persone. Se riusciremo a ponderare la spinta digitale e l’approccio human-centric dei nuovi modi di comunicare, riusciremo a creare un modello distintivo -un modello di umanesimo digitale -che potrebbe portarci all’avanguardia dei processi di innovazione nel mondo.Molti Paesi, che pure hanno un patrimonio turistico molto meno significativo del nostro, già hanno iniziato a innovare in questo senso: l’Islanda ha investito molto sulla virtualizzazione e sulla esperienza aumentata. Una strategia di promozione turistica che facilita la scelta del servizio turistico e guida gli utenti nella prenotazione. Altro esempio: le Isole Faroe permettono di comprare visite completamente virtuali. Un’esperienza che serve o a vendere in maniera digitale il servizio o ad anticipare l’acquisto di un pacchetto più tradizionale. Non meno significativo il caso della Spagna, che per caratteristiche geografiche e culturali, rappresenta un competitor di primo piano per il turismo italiano: grazie a un nuovo portale del turismo in cui istituzioni, imprese e cittadini sono collegati, il potenziale turista riesce ad accedere con facilità e chiarezza a tutte le informazioni necessarie per prenotare un viaggio».
Un esempio di best practice che l’Italia non può assolutamente ignorare. «Con 55 siti Unesco, il nostro Paese è leader indiscusso a livello mondiale per patrimonio storico ed artistico. Dobbiamo e possiamo valorizzare questo capitale culturale straordinario e migliorare le nostre performance pre-Covid-19. Per farlo, però, servono politiche e investimenti più coraggiosi, capaci di guardare al futuro e di innovare un settore che potrebbe portarci a superare quel 13% di Pil finora prodotto», conclude Poggi. «Le misure del governo a sostegno dei centri storici varate con il decreto agosto sono necessarie ma non sufficienti. Le risorse finora messe in campo serviranno solo a limitare i danni e a permettere agli operatori più forti di sopravvivere. Con il Recovery Fund, invece, verrà un’occasione straordinaria per pensare a un rilancio di lungo periodo: se sapremo innovare e investire selezionando i giusti ambiti (mobilità, sicurezza-salute, promozione e marketing) e incentivando e facilitando il trasferimento tecnologico dalle start up alle imprese e operatori del settore, potremo metterci alle spalle i dati negativi legati al Covid-19 e ripartire con un modello strategico di sviluppo del turismo più virtuoso, sostenibile e capace di creare crescita. Se poi lo faremo bilanciando interazione umana e digitalizzazione saremo ancora una volta unici e distintivi come italiani rispetto agli altri paesi, vincendo la competizione sull’offerta turistica mondiale».
Commenti