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Economia
Pompei (Deloitte), più strategia per economie più resilienti dopo il Covid

“Il supporto a pioggia è stato ed è tuttora necessario per tamponare l’emergenza, ma ora serve anche una strategia industriale, una visione rinnovata di paese che guidi le scelte e definisca le priorità. Occorre un piano. Ora o mai più. Con tempismo e coraggio”. Lo scrive l'ad di Deloitte, Fabio Pompei, in un suo intervento pubblicato oggi da EconomyMag. “Il Covid -spiega Pompei- avrà un impatto economico molto grave. Addirittura più grave di quello della crisi finanziaria del 2008: ormai non ci sono più dubbi. Attivare efficaci politiche di risposta al Coronavirus è, dunque, più urgente che mai. Rendere le nostre economie più resilienti è un obiettivo che tutti -attori pubblici e privati- devono porsi: il conto da pagare, in assenza di risposte adeguate, sarà salatissimo. Come ha detto Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, “centosettanta Paesi finiranno l’anno con un’economia in contrazione. E prevediamo più debito, più disoccupazione, più disuguaglianze e più povertà. A meno che non agiamo subito”.

Il ruolo dell'Italia                                                                                                                                               Pompei accende inoltre i riflettori sul ruolo internazionale dell'Italia. ”Questo sarà un tema di cui si dovrà occupare l’Italia non solo per il nostro Paese ma anche perché da ottobre, per la prima volta nella nostra storia, come Paese avremo la presidenza del G20”. Quali sono, dunque, le iniziative che possono rendere le nostre economie più resilienti? “Come osserva il Fondo monetario internazionale, governi e banche centrali si sono subito attivati con politiche fiscali e monetarie volte a controbilanciare il tracollo economico causato dal Coronavirus. Ma la sfida, oggi, è davvero ardua: il margine di manovra monetaria è ridotto al minimo, perché da tempo i tassi di interesse sono molto bassi o addirittura prossimi allo zero. E, dall’altro lato, anche politiche fiscali espansive comportano un rischio molto grande: l’aumento incontrollato dei debiti pubblici. In un contesto in cui la produzione è ferma o fortemente rallentata, le persone guadagnano meno -e quindi spendono e investono meno-, la soluzione indicata dall’Imf è quella di sostenere la domanda con stabilizzatori automatici, quali sussidi di disoccupazione, trasferimenti e tassazione progressiva dei redditi. Una via teoricamente virtuosa, ma che costa molti soldi alle casse pubbliche e che, dunque, per un Paese già estremamente indebitato come il nostro potrebbe risultare sostenibile solo se associata a politiche che puntino alla crescita. Secondo l’Istat, nel primo trimestre dell’anno in corso il Pil è crollato del 5,3% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% su base annua. Ma non solo: secondo le previsioni dell’istituto statistico il rapporto debito/Pil italiano schizzerà dal 13,8% del 2019 al 155,7% del 2020. Una situazione senza precedenti, paragonabile soltanto a quella dell’economia post Grande Guerra. In un quadro del genere, la priorità evidente a tutti -conclude Pompei- è una e dovrebbe unire gli sforzi del settore pubblico e privato: rilanciare la crescita del Paese e dare ossigeno al nostro tessuto economico. Controbilanciare lo shock pandemico con politiche all’altezza della situazione: usare gli stimoli fiscali -già annunciati o prossimi a venire- per aiutare le imprese a non affondare e a riattivarsi in maniera virtuosa. In concreto: incentivi per investimenti, innovazione e tech incorporation, ma anche finanziamenti a fondo perduto e accesso al credito a lunga scadenza”.

 

 

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