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Economia
Rapporto pmi Confindustria-Cerved, una impresa su quattro a rischio default

E’ una fotografia a tinte fosche quella fotografata dal nuovo Rapporto Regionale Pmi 2020 di Confindustria e Cerved, in collaborazione con Srm-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno che, in un’unica pubblicazione, integra le evidenze presentate negli anni scorsi nel rapporto sulle pmi del Mezzogiorno e del Centro-Nord. L’indagine di quest’anno si arricchisce di un capitolo di analisi sugli impatti che il Covid-19 ha determinato sui sistemi territoriali e regionali di pmi, nonché di una sezione dedicata alla ricognizione e all’approfondimento delle misure messe in campo sia a livello europeo che nazionale per fronteggiare l’emergenza. A completare il tutto, una monografia sui potenziali effetti della Tassonomia Ue per la Finanza sostenibile, con un focus sulla capacità delle nostre imprese di sostenere gli investimenti necessari alla riconversione e sull’impatto delle nuove norme a livello territoriale.
 

L’oggetto dell’analisi è lo stato di salute di 156 mila società italiane che, impiegando tra 10 e 249 addetti, rientrano nella definizione europea di piccola e media impresa e costituiscono l’ossatura della nostra economia. Con più di 93 mila società (53 mila nel Nord-Ovest e 40 mila nel Nord-Est), il Nord è l’area con la maggiore concentrazione di pmi, comunque molto presenti anche nel Centro Italia (32 mila) e nel Mezzogiorno (31 mila). Questo aggregato produce un valore aggiunto pari a 224 miliardi di euro: il 39% è prodotto da imprese localizzate nel Nord-Ovest, il 28% nel Nord-Est, il 18% del Centro e il restante 15% del Mezzogiorno. Il Rapporto conferma come la lenta ripresa delle imprese italiane avesse esaurito la spinta già prima dell’epidemia. Nel 2019 la natalità è tornata a calare, il numero di pmi fallite è risultato di nuovo in aumento e i tassi di crescita dei ricavi si sono più che dimezzati. “Su queste tendenze -ha rilevato Carlo Robiglio, presidente piccola e media industria di Confindustria e numero due dell’organismo nazionale (nella foto)- si è innestata l’emergenza sanitaria da Covid-19, che avrà un impatto senza precedenti sui conti delle aziende, sulla liquidità e sul grado di rischio economico-finanziario”. Sarà pertanto “indispensabile, da un lato, garantire risorse finanziarie alle imprese per superare il 2020; dall’altro, agganciare una ripresa solida, che consenta alle pmi di ripagare i debiti accumulati e ripartire di slancio. Per questo è necessario sostenere i processi di investimento, di riorganizzazione produttiva e occupazionale, soprattutto per quanto riguarda le imprese, che sono più esposte al rischio di chiusura e quindi alle perdite occupazionali indotte dagli effetti  Covid-19, in particolare nel Mezzogiorno”. Robiglio ha poi sottolineato che il Recovery Fund è positivo, ma la sfida è tutta da giocare in casa ed è quella delle riforme, quella di utilizzare i miliardi che arriveranno come volano di sviluppo. Per fare tutto ciò -ha aggiunto- servono grandi riforme e soprattutto un grande patto sociale tra imprese e pubblica amministrazione. “Bisogna uscire dalla logica che l'imprenditore vada controllato -ha detto- e dare fiducia a percorsi veloci che diano risalto alle possibilità che sveltiscono pratiche e percorsi, facendo dopo controlli puntuali e sanzioni importanti verso i furbetti. Se abbiamo un nemico e' l'imprenditore furbetto e non è lo Stato, cerchiamo uno Stato amico con cui fare un percorso comune per il benessere del Paese”

Dinanzi ad una tale prospettiva, ha sottolineato Salvio Capasso, responsabile Imprese e territorio di Srm, “occorre trovare delle vie di sviluppo affinché il sistema meridionale abbia un ruolo propulsivo negli scenari economici futuri. Nel ventaglio di opportunità, un fattore strategico è rappresentato dal ruolo potenziale che il Mezzogiorno può giocare nei nuovi equilibri e tendenze delle catene globali del valore (Cgv) che hanno vissuto una vera e propria “età dell’oro”, favorita dalla caduta del muro di Berlino, dall’entrata della Cina nel Wto e dall’innovazione tecnologica. La crisi del 2008/2012 ha interrotto la crescita e dato origine ai primi fenomeni diregionalizzazione(“Factory Asia”, “Factory North America” e “Factory Europe”) e flussi importanti di reshoring e nearshoring. Alcuni fattori stanno incidendo in maniera importante sulle scelte localizzative delle imprese, favorendo processi di regionalizzazione delle Cgv e quindi anche lo short sea: livello di incertezza, basso costo del denaro e nuove tecnologie a disposizione. La pandemia –ha aggiunto- potrà accelerare i processi già in atto. Nell’ambito della ridefinizione delle Gvc, il nearshoring accentua la centralità dell’area Med: negli ultimi otto anni, il numero delle posizioni delle navi portacontiner di dimensione > 7000 Teu in transito nel Mediterraneo è aumentato di oltre 1/3”.

Diventa pertanto importante, secondo Capasso, che l’Italia riacquisisca la propria centralità. “Tra gli strumenti strategici disponibili vi sono le Zes e le Zls. Riguardo alle Zes, si può affermare che oggi quelle con elementi più interessanti da un punto di vista geoeconomico siano la Campania e la Ionica. La Campania è stata la prima, in ordine di tempo, a nominare il comitato di indirizzo e, dunque, ad essere operativa. La regione inoltre ha un potenziale in termini di industria manifatturiera in grado di poter alimentare la Zes da un lato, e di essere di supporto alle attività logistiche da sviluppare in area retroportuale, dall’altro. La Ionica può avvantaggiarsi dell’importante investimento che il gruppo turco Yilport ha fatto sul porto (400 mln di euro in 49 anni). Inoltre, le suddette Zes hanno alle spalle un’area manifatturiera importante (Campania, Puglia e Basilicata), che in termini di valore aggiunto, vale 18,3 miliardi di euro (58% del Sud e 7,1 dell’Italia), occupa 394,3 mila addetti ((59% e 10,1%), in 60 mila unità locali (52,4% e 12,9%). Pertanto, un ulteriore beneficio riscontrabile in tale area è il trade union tra  porto e sistema manifatturiero high qualityche può attrarre nuova domanda di investimenti. Le Zes meridionali diventano, quindi, strumenti di attrazione dei flussi provenienti dal Mediterraneo e, grazie alle interdipendenze settoriali con il resto del Paese, pivot di uno sviluppo di tutto il Paese”, ha commentato Capasso.

Dal Rapporto emerge un dato incontrovertibile. “Al termine di questa fase, il divario tra le pmi del Nord e quelle del Centro-Sud potrebbe ulteriormente aumentare, nonostante gli effetti immediati della crisi siano più rilevanti al Nord”, ha commentato Vito Grassi, presidente del Consiglio delle rappresentanze regionali di Confindustria e vice presidente Confindustria per le Politiche di coesione territoriale. “È necessaria una decisiva svolta di policy. La congiuntura è favorevole: sono stati sciolti i vincoli di finanza pubblica e una quantità di risorse senza precedenti sarà resa disponibile dall’Ue.  Utilizzare in maniera efficiente ed efficace queste risorse implica un enorme sforzo di pianificazione e di definizione di riforme strutturali da avviare subito e completare nel medio-lungo termine. Oltre al superamento dell’emergenza, però, dobbiamo guardare alla crescita degli investimenti e dell’occupazione: per questo occorre spendere bene (e più velocemente) i fondi strutturali europei e salvaguardarne effettivamente la “addizionalità”. Oggi abbiamo un’occasione unica e irripetibile per disegnare un’efficace strategia di rilancio”.

 

 

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