Sul Recovery Plan non c’è tempo da perdere, anche se come emerso ieri in una lettera di risposta a una precedente missiva del 20 gennaio scorso del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, Bruxelles ne "apprezza l'impostazione generale". Volendo, quindi, il nuovo premier Mario Draghi potrebbe anche non doversi rimettere a riscrivere nuovamente il piano stilato dal governo Conte per consentire all’Italia di avere accesso ai 209 miliardi (tra finanziamenti, 128 e soldi a fondo perduto, 81) del Next Generation Eu. Ma passare immediatamente alla fase successiva, già di per sé un lavoro titanico da attuare in poco meno di 75 giorni, se è vero come sembra che a inizio della prossima settimana il nascente esecutivo farà capolino in Parlamento per chiedere la fiducia.
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen
Dopo che ieri il Consiglio lo aveva formalmente adottato, stamane il testo del regolamento dello strumento finanziario anticrisi Recovery and Resilience Facility è stato firmato dai presidenti di Commissione Ursula von der Leyen, Consiglio Ue Antonio Costa e Parlamento europeo David Sassoli.
Il regolamento entrerà in vigore il 19 febbraio, dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea il giorno prima. Da quel momento, i governi potranno sottoporre i piani nazionali di investimenti e riforme alla Commissione europea, rispettando però la scadenza inderogabile del 30 aprile (71 giorni a partire dal 19).
Se decidesse di mettere mano totalmente alla bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), abbandonando la ripartizione per capitoli di spesa (49,5 miliardi per Digitalizzazione e innovazione, 69 per Rivoluzione verde e transizione ecologica, 27,6 per Inclusione e coesione, ecc...) fissata da Conte e da Gualtieri, Draghi dovrebbe anche reimpostare rapidamente il confronto con quelle Camere che già stanno discutendo il progetto inviato a metà gennaio dal precedente governo. Confronto necessario per raccogliere le raccomandazioni dei parlamentari e che sottrarrebbe però tempo prezioso all’apertura di un’altra fase che sta molto a cuore all’Europa.
Il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis
e il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni
Ovvero quella che prevede l'indicazione di tre punti fondamentali: la definizione della struttura della governance nazionale del piano per darne esecuzione e controllarne l’attuazione, l’indicazione degli “obiettivi misurabili” degli investimenti finanziati (un metodo per selezionare i progetti in base alla capacità di raggiungere i target indicati) e la spiegazione di quelle riforme che, attraverso le proprie raccomandazioni, Bruxelles ci chiede da anni e che considera parte integrante del piano. Step che invece la bozza del governo Conte ha liquidato con poche e generiche parole.
Per l’Italia le riforme fondamentali sono cinque: giustizia, concorrenza, pubblica amministrazione, fisco e mercato del lavoro. Progetti da illustrare nel Recovery Plan e che in passato hanno percorso anche un’intera legislatura senza vedere la luce o che sono state spesso terreno di feroce scontro politico nelle varie maggioranze di governo.
Il nuovo governo Draghi deve almeno raggiungere un’intesa programmatica per spiegare all'Ue in quale direzione e con quali provvedimenti le riforme dovrebbero procedere. E, il tutto deve esaurirsi in due mesi, mentre l’esecutivo avrà sul tavolo anche altre emergenze, a cominciare dalla gestione della nuova fase dei contagi (varianti e crescita in alcune aree) e della stesura del piano vaccinale. Senza contare alcuni dossier non rinviabili come i nuovi ristori e il caso Alitalia riesploso con una crisi di liquidità.
@andreadeugeni
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