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Economia
Recovery Fund, perchè un Manifesto dell'Alleanza istituti meridionalisti?

"Chi ha detto che i fondi europei siano destinati a far ripartire l’Italia eliminando finalmente i divari territoriali e colmando i ritardi che li hanno creati? Chi ha detto che il Paese ha bisogno di un Sud moderno? Chi ha detto che il Paese ha bisogno della locomotiva  del Mezzogiorno perché la locomotiva del Nord possa rimettersi in moto? Chi ha detto che per uscite dalla crisi pandemica bisogna costruire un’economia sostenibile, moderna, digitale ed all’avanguardia! Chi ha detto che a Mezzogiorno esistono tutti i fondamentali per un simile progetto?  Chi dice queste cose è fuori dal mondo! E non ha capito che il futuro del Paese è a settentrione! Che del Mezzogiorno si può fare a meno! E che la ripartizione dei fondi europei è una questione di aritmetica e non di strategie per il futuro delle prossime generazioni! E allora il 34% del cosiddetto recovery fund europeo (Next generation Eu) basta ed avanza! Perché la popolazione del Mezzogiorno è appunto il 34%!  Tutto il resto ? Altrove! E le strategie? Il futuro? La digitalizzazione? I giovani e le donne? La mobilità, continentale e insulare, e la logistica? La scuola e l’università? La ricerca? La biodiversità e l’ambiente con l’agricoltura a misura d’uomo? Le aree interne con i cammini e la via Francigena a segnare il discrimine tra passato e futuro? La sanità ed il territorio? Il 34% basta e avanza! Ma l’Europa destina il 70% dei suoi fondi per colmare i ritardi. E allora? È tempo che il Mezzogiorno si ribelli democraticamente! Alzi la voce con la sua gente visto che il Parlamento ed il governo italiani  tacciono  e e avallano il riparto  aritmetico! Firmiamo questo manifesto, allora! E portiamo avanti la nostra battaglia storica! Questa volta non possiamo perdere! Noi non molliamo".

Con questo manifesto promosso da A.I.M (Alleanza Istituti meridionalisti), tutti gli Enti e persone firmatari chiedono di modificare quanto annunciato dal Governo italiano per la ripartizione, nell’ambito di sette anni, dei fondi NGE alias Recovery fund (209 miliardi di euro di cui 81,4 come sussidi-granting, il resto come prestiti), deliberati dall’Europa e di cui al Pnrr (Piano nazionale resilienza e ripresa). Questo manifesto sarà inoltrato anche a livello degli organi istituzionali europei.                                                    

Contrariamente alle indicazioni europee, il paradosso della prospettata ripartizione dei fondi europei per la fuoriuscita dalla crisi generata dalla pandemia covid 29 prevede che alla parte più ricca, più infrastrutturata, più industrializzata del Paese vadano più fondi, mentre alla parte meno sviluppata, il Sud, e con una forte emorragia soprattutto dei giovani, vada il 34% (circa 63 miliardi di euro). Contrariamente ai principi europei ( oltre che del buon padre di famiglia a cui ogni amministratore pubblico dovrebbe attenersi), il Governo italiano indica come criterio di ripartizione solo la popolazione, senza alcuna valutazione dei ritardi storici accumulati,  dei bisogni, delle diseconomie e dei diritti di pari cittadinanza garantiti dalla Costituzione. Si continua così a perseguire un modello di sviluppo antiquato, quello della locomotiva del Nord o dello sviluppo per gocciolamento o tracimazione, che ha dimostrato ormai di essere sorpassato, come dimostrato dell'incremento del divario di sviluppo Nord-Sud, nonché dalla perdita di competitività del Paese negli ultimi venti anni e più, certamente non ascrivibile solo al Sud sottosviluppato. I parametri di assegnazione, definiti a livello europeo (reddito pro capite, disoccupaziuone negli ultimi cinque anni, popolazione) assegnano invece al Sud almeno il 65% (circa 135 miliardi) dei fondi. Non è comprensibile per quale motivo la ripartizione adottata dal Governo italiano non debba essere allineata e coerente con  il principio europeo della coesione che riguarda le regioni in ritardo di sviluppo (ex-obiettivo 1) e che fissa al 70% il riparto dei fondi strutturali. Inoltre il Governo italiano non tiene conto neanche del necessario ristoro rispetto al 34% della spesa promessa nell’ultimo triennio per investimenti pubblici e non mantenuta. Infatti l’obiettivo del 34% si è attestato al massimo a una media inferiore al 20%. I criteri deliberati in Europa, il principio sulle logiche delle Regioni in ritardo di sviluppo, il ristoro della parte non spesa del 34%, mai investito dallo Stato italiano a Sud, portano, tutti, a confermare una percentuale di ben oltre il 60%. L'assegnazione di tale percentuale di spesa non è solo dovuta, ma va ulteriormente implementata a compensazione del più basso ritorno degli investimenti al Sud utilizzando soprattutto i fondi di tipo sussidi-granting.

Pesano sul Sud, secondo i promotori del Manifesto, gli investimenti mancati certamente non solo per responsabilità del Sud, ma dello Stato che ha omesso di investire nel Mezzogiorno in infrastrutture, logistica, digitalizzazione, università e ricerca. Ci sono tutti gli elementi affinché le Regioni meridionali avviino azioni a livello nazionale ed europeo per correggere il palese strabismo del Governo italiano nella distribuzione dei fondi che non risulta assolutamente in linea con la determinazione europea. In ogni caso se dovesse rimanere la ripartizione attuale del 34%, il governo italiano deve spiegare al Sud e all'Europa come i fondi dati al Nord ridurranno i parametri negativi del Sud che sono stati utilizzati per ottenere i fondi.  La distribuzione prevista fra le varie destinazioni va rivista non solo per insufficienza di motivazione, ma anche per assicurare il massimo moltiplicatore possibile degli investimenti che saranno realizzati e che al Sud è da considerarsi per motivi oggettivi, ampiamente più elevato! Sarebbe ora che le Regioni meridionali, si alleassero e mostrassero coesione in difesa dei sacrosanti diritti del Sud.

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