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Economia
Rete Tim, ecco perché l'offerta di Kkr mette d'accordo governo, Vivendi e Cdp
Henry e Arnaud de Puyfontaine

Rete Tim, quali vantaggi per il Paese e per Vivendi

Ci guadagnerebbe, e molto, il Paese. L’offerta di Kkr, infatti, valuta complessivamente 27 miliardi una rete ancora in diversi punti in rame e promette, tramite gli investimenti sull’Ebitda prevista (circa 7 miliardi che verrebbero “defalcati” dai dividendi attesi), di restituirne una interamente in fibra. E verrebbe eliminata qualsiasi perplessità anche dal punto di vista regolatorio. 

Ci guadagnerebbe anche Vivendi che, come confermato dalla Consob, non ha il controllo di fatto dell'azienda. I francesi hanno fissato un prezzo di 31 miliardi e da lì non si sono più mossi. O meglio, non hanno mai più toccato il tema, di fatto “congelando” il dossier. La valutazione fatta da Kkr della rete permette di capire che l’intera Tim viene valorizzata con l’equivalente di 0,6 euro per azione. Pochi, certo, per chi ha speso in media 1,07 euro per azione per rastrellare il 24% dell’azienda (controvalore complessivo di circa 3,9 miliardi). Ma tanti se si guarda all’attuale valore di mercato: 0,3 euro per titolo. Se oggi i francesi dovessero acquistare un’analoga partecipazione a prezzi di Borsa spenderebbero circa 1,6 miliardi di euro.

Va detto, inoltre, che attualmente il titolo di Tim è iscritto a bilancio in Vivendi per un valore di cica 0,6 euro per azione. Dunque, anche da quel punto di vista i conti potrebbero quadrare. Senza contare che a novembre del 2021 la stessa Kkr fece recapitare sul tavolo del boad di Tim un’offerta da 0,505 per azione (circa 11 miliardi di euro complessivi) che fu però sepolta tra le scartoffie e lasciata “morire”.  Oggi non sarebbe facile – per non dire impossibile – trovare qualcuno che faccia arrivare una cifra simile. “Auguri nel trovare un nuovo compratore con quel debito e quelle difficoltà pregresse” ha dichiarato ad Affari un analista. Dunque, anche l’idea dell’opa da parte di qualche fondo sarebbe decisamente in salita.

Né i francesi hanno alcuna intenzione di andare allo scontro con il governo italiano. Nel 2018, infatti, l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni andò in contrasto con i piani di Vivendi, tanto da far entrare Cdp nell’azionariato insieme al fondo speculativo Elliott. E, al rinnovo dei vertici, la lista proposta proprio da Elliott ebbe la meglio, che ottenne il 49,8% dei voti in assemblea, esprimendo quindi 10 dei 15 posti del consiglio di amministrazione. L’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda fu durissimo: “"Nel 99% dei casi interesse nazionale è attrarre investimenti stranieri. Ci sono rari casi in cui questi investimenti diventano predatori. E allora occorre intervenire”. 

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