Economia
Salario minimo,assist di Di Maio a Zingaretti.Ma lui butta la palla in tribuna
Di Maio si è visto subito sbattere la porta in faccia dal Nazareno compatto
Perchè buttare la palla in tribuna, gettando una ghiottissima occasione per dare un forte segnale politico a sinistra? Appena nominato segretario del Pd e con lui tutti i Dem, vecchi e nuovi, Nicola Zingaretti è ricaduto nella vecchia logica politica della contrapposizione del "no a prescindere", logiche che appartengono ai vari D'Alema, Berlusconi e a zombie da Prima Repubblica, figuri di cui il Paese non sente certo la nostalgia.
Interpellato dall'Ansa per un commento all'elezione di Zingaretti, il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio, oltre a un augurio di buon lavoro, ha fatto alla nuova guida del Pd un'offerta che potrebbe consentire al Paese di introdurre come fatto dalla Germania, prima manifattura d'Europa, nel terzo governo Merkel il salario minimo per gli occupati. Facendo così pulizia nella giungla del mercato del lavoro ancora schiavo nel 2019 della morsa della precarietà.
"Il M5S fra pochi giorni porta in Parlamento una misura che introduce ed estende il salario minimo a tutte le categorie di occupati. Sul tema mi auguro di vedere un'ampia convergenza parlamentare, a partire proprio dal neosegretario Dem", è stato il messaggio che il vicepremier ha inviato a Zingaretti.
Di Maio, però, si è visto subito sbattere la porta in faccia dal Nazareno compatto (chissà cosa ne penserebbero Gramsci e Berlinguer!). Prima dai pasdaran renziani Andrea Marcucci e Deborah Serracchiani, poi dal senatore Mauro Laus e infine anche dal Dem da cui si attende la svolta per riportare il Pd a sinistra dimenticando l'era renziana del Jobs Act. "Siamo stati noi a depositare a maggio dello scorso anno il disegno di legge sul salario minimo. Il M5S voti il nostro", è stato in sintesi il coro Pd che ha risposto picche.
Domenica un milione e ottocentomila persone hanno votato ai gazebo del Pd per le Primarie. Risultato sventolato con orgoglio da Zingaretti&soci. Ma quando si parla di passare dalle parole ai fatti, a sinistra la classe dirigente dorme ancora, nonostante gli incoraggianti segnali di risveglio della base.
