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Economia
Scocchia: "Usa, Europa, Cina: la nostra strategia per continuare a crescere"
Cristina Scocchia

Dalla crescita del mercato americano alla "conquista" della Cina: l'intervista di Affaritaliani.it al Ceo di IllyCaffè Scocchia 

“Siamo molto soddisfatti di questi risultati e procediamo sulla base della nostra strategia che ha tre priorità precise: Usa, Europa e Cina”. Cristina Scocchia, amministratrice delegata di IllyCaffè, commenta con Affaritaliani.it i risultati eccellenti ottenuti dall’azienda triestina. Tutti i principali indicatori sono visti al rialzo e, soprattutto, le prospettive di crescita rimangono positive nonostante un contesto geopolitico internazionale che si fa sempre più complesso. Il tutto tenendo sempre un occhio puntato alla sostenibilità, argomento che Illy ha iniziato ad affrontare prima che diventasse un mantra per qualsiasi azienda, specialmente per quelle operanti in un’industry particolarmente complessa come quella del caffè.

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Scocchia, risultati davvero significativi: c’è stata qualche congiuntura che vi ha dato una spinta così importante oppure siete stati molto bravi voi?

Inutile nasconderlo, siamo molto soddisfatti di questi risultati. Abbiamo un Ebitda in crescita del 18% e un utile netto che balza in avanti del 67%. Questo è stato possibile grazie a due driver: miglioramento nei principali mercati in cui siamo presenti e un’accresciuta efficienza operativa. Siamo riusciti infatti a far sviluppare Illy, come da piano strategico, in primis nel mercato americano, un segmento fondamentale perché ama i prodotti italiani di qualità: era un nostro preciso obiettivo riuscire ad incrementare la penetrazione. Abbiamo avuto un’efficienza operativa migliore degli anni passati, tanto che la profittabilità cresce in maniera più che proporzionale rispetto ai ricavi.

Avete risentito dell’aumento dei prezzi?

Sì, se si pensa che nel novembre del 2021, poco prima del mio arrivo (Cristina Scocchia è diventata amministratrice delegata di illy a gennaio del 2022) il caffè costava 110 centesimi alla libbra. A marzo del 2022 si era arrivati a 235 dollari con una fiammata inflazionistica senza precedenti. Oggi non siamo più a quei livelli, ma il prezzo è comunque superiore del 70% rispetto a quello di novembre 2021.

Quali sono le vostre priorità?

Al momento ne abbiamo tre: la prima è portare il mercato americano ad avere lo stesso peso di quello italiano. Attualmente il mercato domestico vale circa il 33% del fatturato, mentre gli Usa raggiungono circa la metà. Il secondo obiettivo è quello di crescere nei Paesi europei: abbiamo già filiali in Francia, Regno Unito, Spagna e Germania, ma vogliamo crescere in maniera significativa grazie a una distribuzione più capillare dei nostri prodotti. Il terzo pilastro è la Cina: attualmente è molto focalizzata sul tè, ma ha un mercato enorme e quindi anche una piccola percentuale della popolazione che si avvicina al caffè significa in realtà un incremento di milioni di consumatori.

La Cina è però molto complessa: vi avvalete di partner locali?

Abbiamo appena firmato un accordo di distribuzione con Chancemate, che ci permette di vendere i nostri prodotti sia nei canali di e-commerce, sia nella grande distribuzione organizzata. Questo per noi è importante perché manterremo la nostra filiale a Shanghai, ma saremo più capillari. Noi mettiamo la conoscenza del prodotto, il nostro partner quella del mercato locale.

In Italia il caffè è un rito, un’occasione di socialità, quasi un modo di dire come “prendiamoci un caffè insieme”: questo concetto è esportabile?

È indubbio che si tratti di un momento di energia, di condivisione e questo si sta trasmettendo anche all’estero. Semmai, a cambiare è il tipo di caffè che si ha in mente: noi pensiamo soprattutto all’espresso, in altri Paesi si immaginano anche tipologie diverse. Noi italiani possiamo anche arricciare il naso, ma è ovvio che se vuoi crescere all’estero devi sviluppare prodotti che vadano incontro ai gusti globali. Ad esempio, in Cina è molto in voga l’instant coffee, cioè il caffè solubile. E ci stiamo concentrando anche sui cosiddetti “cold brew”, un caffè estratto a freddo che sta diventando sempre più popolare nei mercati anglosassoni. Rimaniamo alfieri dell’espresso, ma la nostra presenza in 140 Paesi del mondo ci stimola a trovare nuove soluzioni.

Il canale della ristorazione rimane importante per voi o preferite il consumo domestico?

Sicuramente è di grande importanza: l’Ho.Re.Ca. è cresciuto dell’8,2% grazie al segmento che noi chiamiamo “super premium”. La nostra strategia, infatti, è quella di concentrarci sugli esercizi (bar e ristoranti soprattutto) d’eccellenza. Non vogliamo essere dappertutto, ma essere serviti nei locali in linea con il nostro posizionamento alto.

Siete cresciuti anche nel segmento dei sistemi porzionati?

Sì, è un comparto che cresce moltissimo. Se guardiamo i dati a livello globale, le capsule sono la tipologia di caffè che ha registrato l’aumento più consistente. E, con esse, anche le macchine per il caffè. Tra l’altro, il Covid ha accelerato molto questa dinamica perché le persone, che erano chiuse a casa, hanno investito molto in questi strumenti per poter continuare a gustare un caffè come al bar.

Il caffè è una industry che storicamente ha avuto problemi di sostenibilità e di condizioni di lavoro. Voi però è da molti anni, da prima che queste tematiche diventassero “mainstream”, che vi siete concentrati per migliorare anche sotto questo aspetto. Ci vuole ricordare che cosa state facendo?

Abbiamo iniziato a occuparci di sostenibilità quando il termine non era ancora stato coniato o quasi. Anche nel 2023 ci siamo molto concentrati su questi aspetti e abbiamo lavorato molto sia con i produttori che con i consumatori. Abbiamo collaborato con l’Istituto Europeo di Oncologia a sostegno dei pazienti oncologici che desiderano ricevere una second opinion. E abbiamo rinnovato il nostro impegno in tutto ciò che riguarda l’economia circolare, incentivando anche quella che in gergo si chiama agricoltura rigenerativa. Lo scorso 1° ottobre abbiamo lanciato il primo caffè interamente prodotto tramite questa metodica di coltivazione.

Ultima domanda: gli anglosassoni dicono che “sky is the limit”. Più modestamente, che obiettivi vi ponete per questo 2024?

Continuiamo a guardare con umiltà al futuro, ma, dopo due anni di crescita molto forte, ci aspettiamo un 2024 con il segno “+”. Siamo ottimisti, anche se questo ottimismo si scontra un po’ con un contesto geopolitico che ha all’orizzonte moltissime nubi. Mi piace però dire che il ruolo delle aziende è quello di decollare controvento. Per questo, lo scorso anno abbiamo avviato un programma d’investimento da 120 milioni di euro a Trieste che ci permetterà di accrescere la nostra capacità produttiva e logistica, con ricadute positive anche sull’occupazione. E questo sforzo è confermato, con un orizzonte quinquennale.






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