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Economia
Smartphone ammazza banche. Chiudono più di 3.000 filiali

La ripresa economica nell’area dell’euro si va ampliando e rafforzando, eppure, come ha ricordato ieri Mario Draghi, nella consueta audizione trimestrale di fronte alla Commissione Affari monetari del Parlamento Ue, c’è ancora bisogno di “un ammontare straordinario di politiche monetarie di supporto”. Tradotto, non solo il quantitative easing continuerà ancora per molti mesi, ma anche i tassi resteranno il più a lungo possibile schiacciati sugli attuali livelli. Le parole di Draghi non sono certo piaciute ai mercati e tanto meno ai banchieri europei, che da un paio d’anni cercano di tagliare i costi e spostare il focus su attività a più elevata marginalità come il risparmio gestito e i prodotti assicurativi e che rischiano di dover nuovamente imbracciare le cesoie, come sarebbe pronto a fare Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, che intenderebbe riportare il cost/income dall’attuale 48,8% al 45%, un livello che porrebbe l’istituto italiano tra i migliori in Europa.

Per riuscirvi Messina, secondo quanto scritto dal Financial Times, starebbe pensando di ridisegnare drasticamente la rete, attualmente forte di 3 mila sportelli, mille dei quali sarebbero a rischio, e investire in modo deciso sullo sviluppo delle attività di banca digitale dell’ex Itb (la banca dei tabaccai, appena rinominata Banca 5), attraverso la quale sarebbe possibile fornire servizi quotidiani alla clientela sfruttando i 20 mila punti vendita convenzionati. In scia a Intesa Sanpaolo è immaginabile che si muoverà anche Unicredit, ora che Jean-Pierre Mustier ha portato a termine con successo il maxi-aumento di capitale da 13 miliardi (che ha fatto salire a quasi 30 miliardi il conto totale dei capitali chiesti al mercato negli ultimi 10 anni) e la cartolarizzazione di 17,7 miliardi lordi di crediti non performanti (Npl).

Nel piano strategico 2016-2019 Mustier ha indicato di voler raggiungere un meno ambizioso cost/income inferiore al 52% e realizzare risparmi annui netti ricorrenti di 1,7 miliardi di euro e la chiusura di 800 filiali. La domanda è se Mustier alzerà l’asticella una volta che Messina avrà messo nero su bianco i suoi target e se questo significherà anche per Unicredit un nuovo giro di chiusure di filiali. Tra gli altri grandi gruppi bancari italiani, Banco Bpm vuole fare calare entro il 2019 il cost/income al 57,8% e tagliare 335 filiali (scendendo dai 2.417 sportelli di fine 2015 a 2.082 a fine 2019), Ubi Banca ha deciso di tagliare 280 sportelli (con l’uscita di 2750 lavoratori, compensati dall’assunzione di 1100 nuovi dipendenti) entro il 2020, così da raggiungere un cost/income inferiore al 52%, chiudendo inoltre 140 filiali (e riducendo il personale di 1.569 unità) delle tre “good bank” recentemente rilevate, Mps secondo il piano varato lo scorso anno già prevedeva la chiusura di 500 filiali e 2.600 esuberi, numeri che rischiano di raddoppiare per venire incontro alle richieste delle autorità europee.

(Segue...)

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