Titoli di stato/ La Grosse Koalition fa bene allo spread. La Merkel salva il governo Letta

Dopo il buon esito delle aste di Ctz e Btp€i di stamane, che hanno visto il Tesoro fare il pieno a tassi in calo (sono stati collocati 2,5 miliardi di titoli a due anni ad un rendimento lordo annuo dell'1,623%, il minimo da maggio, e 750 milioni di decennali indicizzati, ad un tasso del 2,62%), il rendimento del Btp decennale guida italiano oscilla sul 4,23% a metà giornata, sostanzialmente stabile rispetto al 4,24% segnato ieri in chiusura di giornata. Approfittando della stabilità del Bund tedesco (che oggi come ieri rende l'1,85%) lo spread tra i titoli di stato italiani e tedeschi scivola peraltro al 2,38%, un punto base meno di ieri sera.
Nonostante il "Letta-pensiero" che vuole che lo spread, indicatore di quanto le imprese italiane debbono pagare più caro il credito rispetto ai loro concorrenti tedeschi (e lo stato italiano deve caricarsi di maggiori oneri ogni anno a fronte di un debito pubblico di dimensioni assolutamente analoghe a quello tedesco), dipenda dalla stabilità politica interna, il mercato sembra pensarla diversamente.
Certo, un poco più di coesione aiuterebbe, non tanto per garantire la sopravvivenza di questo o quell'altro esecutivo quanto per garantire agli investitori esteri che Letta va provando (come già fece Mario Monti prima di lui) a convincere a tornare ad investire in Italia quella sicurezza, quelle tariffe basse e stabili, quella certezza del diritto e quella riduzione di inutile burocrazia che sono unanimemente riconosciute come indispensabili per attrarre capitali, italiani o stranieri che siano.

Ma quello che consente ai Btp e ai Bonos spagnoli, il cui tasso è oggi stabile sul 4,26% a livello di decennali (con uno spread Italia-Spagna di soli tre punti base a vantaggio dei Btp), di sovraperformare i Bund tedeschi è soprattutto la sensazione che una riedizione della "Grosse Koalition" sia inevitabile e che Angela Merkel dovrà concedere pure qualcosa agli alleati-concorrenti della Spd in tema di salari minimi. In più, come vanno ripetendo gli osservatori più attenti, la Germania non è quel campione di competitività che al di qua delle Alpi molti si immaginano e rischia di avere seri problemi "strutturali" nei prossimi trimestri.
Avendo per anni spinto molto sulla leva del taglio del costo del lavoro Berlino si ritrova già ora con la più alta proporzione di lavoratori a basso reddito d'Europa, è insomma una "Cina europea" e non può sfruttare oltre questo fattore competitivo (come invece stanno provando a fare banche e imprese italiane e persino il settore pubblico, da alcuni trimestri). Già lo scorso anno, a guardare bene, i salari medi sono cresciuti più dell'inflazione e di quanto sia aumentata la produttività e non accadeva da oltre un decennio.