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Economia
Stellantis inizia a sbaraccare in Italia. Ducato a Gliwice. Lettera sindacati

La minaccia dell’impoverimento industriale rappresentata da Gliwice per un’area alla vigilia della sfida europea della futura produzione del nuovo furgone (ora sono in prevalenza a motore diesel) è rafforzata anche dal fatto che (come si può osservare dal video Stellantis sul sito polacco di cui Affaritaliani.it è giunto in possesso e che pubblica in esclusiva) i nuovi impianti, montati su piattaforme modulari Peugeot più flessibili (quelli italiani sono customizzati sul modello Ducato), sono tutti iper-automatizzati (al 96%). Grazie ai quali, si stima, i costi di produzione dei nuovi furgoni sono più bassi di circa 900 euro. 

Che siano dunque partiti i primi movimenti per annunciare in sede di piano il ridimensionamento degli stabilimenti italiani (azione esclusa nel primo anno della fusione dal management anche per i vincoli della garanzia pubblica italiana sui prestiti) perché, per dirla con le parole di Tavares, nel nostro Paese “non si può mantenere lo status quo”?

Elkann
 

C’è un’altra mossa di Stellantis che ha sta alimentando i timori di sindacati e che viene definito come un “indizio preoccupante pre-sbaraccamento”.

Il gruppo automobilistico ha appena rimborsato a Banca Intesa 6,3 miliardi di prestito per cui valeva la garanzia pubblica, prevista dal decreto liquidità in piena pandemia Covid (acceso dall’ex Fca Italy nel 2020), dopo aver sottoscritto con un pool di banche nuove linee di credito per oltre 12 miliardi (da estendere anche all'ex Psa). Indebitamento a prezzi più alti rispetto agli interessi pagati con il paracadute dello Stato, ma per cui non varranno i vincoli occupazionali (impossibilità di licenziare) e di investimento nazionali (no delocalizzazioni e impiego delle risorse anche a favore della filiera) a cui prima invece il duo Tavares-Elkann doveva sottostare.

Ci troviamo così di fronte a una lenta manovra di disimpegno? Per alcuni l’operazione Stellantis è soltanto un’acquisizione francese mascherata da fusione, gruppo dove i pensieri degli Agnelli, nonostante la presidenza, sono già altrove (nella diversificazione della cassaforte Exor) e mentre gli stakeholder francesi (lo Stato transalpino è anche presente nel capitale) hanno già iniziato a far pendere verso Parigi il bilancino dell’operatività aziendale.

@andreadeugeni

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