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Economia
Suning sempre più in crisi. Il debito da 30 mld rischia di travolgere l'Inter
Steven Zhang (Lapresse)

Poi però il regime cinese ha detto basta alle spese folli, basta all’acquisto di calciatori stranieri per far diventare il campionato più allettante. Era un’impresa impossibile, tanto che perfino Marcello Lippi, da allenatore della Cina, ha ottenuto risultati mediocri e ha abbandonato il campo. Proprio le squadre di calcio sono state l’altro vulnus enorme di Suning e della famiglia Zhindong. Perché a seguito dei ben noti problemi di bilancio, con un debito che ha superato i 30 miliardi di dollari, il 28 febbraio scorso è stato ceduto il 23% delle azioni della società a due società che fanno capo allo stato cinese e alla città di Shenzhen.

E il primo effetto del nuovo ingresso è stato che lo Jiangsu, la squadra di calcio in cui ha militato anche Eder (proveniente dall’Inter) è stato chiuso dalla sera alla mattina. Nei giorni scorsi gli impianti sono stati definitivamente smantellati, come se ci si fosse affrettati a cancellare qualsiasi traccia del passato.

E veniamo all’Inter, nota dolente per tutti quei tifosi che avevano salutato con entusiasmo l’arrivo dei cinesi in Italia. Un investimento iniziale di 270 milioni per il 69%. Ma il conto è lievitato rapidamente tra investimenti, cartellini dei giocatori, rinnovo dei locali alla Pinetina e nuova sede a Milano. Dopo la vittoria dello scudetto, è apparso chiaro che i cordoni della borsa sarebbero rimasti stretti. Ma a voler essere onesti già il mercato dello scorso anno era stato avaro di soddisfazioni. Dopo annunci roboanti, ci si era limitati a comprare Hakimi, mantenendo però intatta l’ossatura della squadra che si è poi laureata campione d’Italia.

Quest’anno è già stato detto a più riprese: serve realizzare un importante attivo quantificato in almeno 70-80 milioni di euro. Dunque, imbracciando la calcolatrice, è facile immaginare che la quasi certa cessione di Hakimi non basterà a realizzare questa strategia, a meno di non riuscire a tagliare stipendi monstre come quelli di Vidal, Perisic, Young e via dicendo.

Ma attenzione: perché il cileno si aggira sui 6 milioni all’anno per i prossimi due, Perisic andrà in scadenza al termine della stagione, ma non prima di aver messo in banca circa 4,7 milioni. Nel calcio post-Covid queste cifre sono appannaggio di poche squadre e di pochissimi calciatori. Nessuno dei due sopracitati ne fa parte. E dunque facile attendersi che non ci saranno grandi movimenti in uscita.

A meno di non mettere ulteriormente mano all’argenteria di famiglia. Quattro sono i calciatori che hanno davvero mercato: Lukaku, Lautaro, Barella e Bastoni. Ma senza questi quattro (dando già per partito Hakimi) ripetere la vittoria dello scudetto sarebbe impossibile. E sarebbe molto complicato perfino garantirsi un posto in Champions League.

Qui tornano i numeri spietati: per il semplice fatto di prendere parte al torneo dei campioni, l’Inter si metterà in tasca 44,15 milioni quest’anno. Ma se non dovesse riuscire a entrare nel novero delle quattro migliori squadre del campionato? Si creerebbe un circolo vizioso per cui ogni anno bisognerebbe sacrificare i migliori e ripartire con qualche escamotage.

Il debito complessivo della squadra è di circa 700 milioni. Vero che l’ultimo prestito da 275 milioni formalmente non è andato direttamente ad Appiano Gentile ma si è fermato alla holding di Suning, ma è naturale che si dovrà in qualche modo mettere un tappo all’emorragia di liquidità.

(Segue: se davvero le cose per Suning dovessero mettersi male, a rischio c’è anche l’Inter...)

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