Economia
Taglio dei tassi? La Bce aspetta le prossime mosse di Trump sui dazi (ma le prospettive non sono delle migliori)
Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia punta i riflettori sulle ragioni che spingono verso una probabile pausa della Banca Centrale Europea. Il commento

Taglio dei tassi? La Bce aspetta l’accordo con gli Usa sui dazi: ma pesa la frenata dell’eurozona
In un contesto di tensioni commerciali e crescente incertezza economica, la Banca Centrale Europea (BCE) sembra avere poche alternative rispetto a un atteggiamento prudente. Prima che la barriera tariffaria diventi realtà, la strategia più saggia sembra essere quella dell’attesa. Almeno, questo è lo scenario che, allo stato attuale, riteniamo più plausibile. A frenare la BCE sono due fattori di incertezza di primaria importanza.
Il primo riguarda l’eventuale incremento dei dazi sulle esportazioni europee. Nonostante i negoziati con Washington siano ancora in corso, il segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, ha minacciato di portare i dazi dal 30% al 50% se entro il 1° agosto non verrà siglato un accordo. In questa fase, tutti gli scenari restano possibili.
Il secondo elemento di incertezza è rappresentato dallo stato ancora poco definito dell’economia dell’eurozona. L’attuale fase di rallentamento ciclico rende particolarmente complesso valutare l’andamento dell’inflazione. Una possibile recessione, ad esempio, potrebbe esercitare una pressione al ribasso sui prezzi, neutralizzando l’effetto di una potenziale guerra tariffaria su entrambe le sponde dell’Atlantico.
In un contesto così instabile, prevedere la traiettoria dell’inflazione diventa un esercizio ad alto margine d’errore. Da qui la crescente cautela della BCE, con una pausa degli interventi a luglio che appare ormai sempre più probabile. Quale direzione? All’orizzonte un ultimo taglio dei tassi? Riteniamo che un taglio dei tassi di 25 punti base sia ancora possibile a settembre, a condizione che venga raggiunto un accordo commerciale con gli Stati Uniti.
Due elementi principali rafforzano questa prospettiva.Primo, a prescindere dalle oscillazioni di breve termine, le proiezioni indicano che l’inflazione di lungo periodo continuerà a ridursi. Gli economisti della BCE stimano un livello intorno all’1,6% nel 2026. Secondo, l’apprezzamento recente dell’euro non è, per il momento, percepito come una fonte di pressioni inflazionistiche. Il cambio, salito del 12% rispetto al dollaro dall’inizio dell’anno, non figura tra le preoccupazioni più immediate di Francoforte.
Più che il livello della valuta unica, la BCE monitora con attenzione la sua volatilità, in quanto potenzialmente destabilizzante. Inoltre, alcuni dei fattori alla base del rafforzamento dell’euro vengono considerati positivi, come l’afflusso consistente di capitali nell’eurozona—un chiaro segnale della sua capacità di attrarre investimenti.
*country manager di iBanFirst