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Economia
Tassi invariati, così la Fed può influenzare la Bce. È ora di investire, ma...

La Fed lascia i tassi invariati, gli effetti sulla Bce e i mercati europei. Tempo di investire? L'intervista

Dopo tanti pronostici, la sentenza della Fed è finalmente arrivata. I tassi d’interesse americani rimarranno alti, ai massimi da oltre 20 anni, invariati tra il 5,25% e il 5,5%. Dietro la scelta, una sola grande motivazione: “L’inflazione è ancora troppo alta”, fanno sapere dalla Banca centrale americana.

Non è bastato infatti portarla da un picco del 7,1% al 2,7%. E malgrado lo stesso governatore Jerome Powell abbia dichiarato che diversi obiettivi per ridurre l’inflazione non sono stati raggiunti, non ha comunque rinunciato a rassicurare cittadini e (non meno importanti) mercati finanziari. Il costo del denaro non dovrebbe rimanere alto per sempre; infatti, il primo taglio dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno. Si prevede possa accadere a novembre.

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Ma non è finita qui. Perché se solo a marzo, meno di due mesi fa, i vertici della Fed avevano previsto ben tre tagli dei tassi nel 2024, oggi le cose sono molto diverse. I pronostici degli analisti finanziari suggeriscono, infatti, che nel corso dell’anno ci sarà solo una riduzione (se va bene!) per gli americani.

Ma quali conseguenze può portare in Europa il mancato taglio del costo del denaro negli Stati Uniti? E come avranno reagito i mercati alla decisione della banca centrale americana? Per capirne di più, Affaritaliani.it ha interpellato Gabriel Debach, Italian Market Analyst di eToro, multinazionale di social trading e investimenti multi-asset.

Usa, la Fed lascia i tassi invariati. La reazione del mercato

“La reazione del mercato americano è stata prevalentemente positiva, nonostante un contesto di incertezza”, spiega Debach. “Nel dettaglio, sono tre i fattori principali che hanno influenzato questa interpretazione ottimistica”.

“Il primo possiamo riassumerlo come ‘scampato pericolo’”, afferma l’analista. “C'era un palpabile senso di sollievo tra gli investitori, dato che Jerome Powell non si è mostrato così incline a politiche restrittive come si temeva. Il tono moderato di Powell e l’utilizzo della parola ‘improbabile’ per ulteriori strette monetarie hanno infatti temperato le aspettative di politiche più aggressive”, spiega.

Poi, il rallentamento del quantitative tightening. “La Fed”, prosegue Debach, “ha annunciato un rallentamento nella riduzione del suo bilancio, con il passaggio da una contrazione di 60 miliardi a soli 25 miliardi di dollari al mese a partire da giugno. Questa decisione ha ulteriormente alleviato le preoccupazioni degli investitori, suggerendo una maggiore liquidità nel sistema finanziario e riducendo i timori di un eccessivo inasprimento delle condizioni di credito”.

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Infine, l’esclusione di ulteriori aumenti dei tassi e della stagflazione. “Il presidente della Federal Reserve”, spiega l’esperto, “durante il suo intervento, ha escluso ulteriori aumenti dei tassi e ha gettato acqua sul fuoco riguardo alle discussioni di stagflazione, affermando che con una crescita del PIL reale del 3% e un'inflazione sotto il 3%, le condizioni attuali non riflettono una vera stagflazione”.

Le conseguenze per gli States

Ma mentre Powell ha rassicurato i mercati attenuando alcuni timori immediati, il suo approccio fortemente guidato dai dati macroeconomici potrebbe aprire la porta a una rinnovata volatilità nei mercati finanziari.

“La Fed, così come gli investitori, diventerà sempre più dipendente dai prossimi dati economici — che si tratti di cifre sull'occupazione, inflazione o crescita del PIL”, afferma Debach. “Questa crescente dipendenza”, prosegue, “significa che ogni nuovo dato rilevante ha il potenziale per scuotere i mercati, introducendo un elemento di incertezza che può rendere gli investimenti più reattivi e meno prevedibili”.

Che cosa cambia per noi europei

“L'influenza del mercato statunitense si estende ben oltre i suoi confini, rendendo l'umore economico degli Stati Uniti un fattore decisivo anche per gli altri mercati internazionali”, sentenzia l’esperto.

“Attualmente”, prosegue, “se la Federal Reserve decide di mantenere i tassi d'interesse elevati mentre la Banca Centrale Europea (BCE) segue un approccio più accomodante, potremmo assistere a un rafforzamento del dollaro rispetto all'euro. Tale dinamica avrebbe implicazioni significative: da un lato, potrebbe rendere le esportazioni europee più competitive sui mercati globali grazie a un euro debole; dall'altro, potrebbe aumentare i costi delle importazioni in Europa da paesi non europei, influenzando così i prezzi di numerosi beni importati”, spiega.

“Inoltre, se l'economia statunitense dovesse subire un rallentamento a causa delle politiche restrittive adottate dalla Fed, ciò potrebbe ridurre la domanda globale, inclusa quella per le esportazioni europee. Un simile sviluppo potrebbe spingere la BCE a riconsiderare le proprie politiche monetarie”, aggiunge Debach.

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Bce, c’è il rischio che la Fed influenzi l’Europa

“Nonostante la Banca Centrale Europea operi indipendentemente dalla Federal Reserve”, afferma l’analista di eToro, “le sue decisioni politiche rimangono fortemente influenzate dal contesto economico globale, nel quale la Fed gioca un ruolo predominante”.

Ed ecco una notizia dal sapore agrodolce. “Sicuramente la BCE non farà un passo indietro dal possibile primo taglio dei tassi atteso per giugno”, spiega, “ma allo stesso modo abbiamo osservato come se i tagli negli Stati Uniti sono attualmente solamente uno, in Europa questi si fermano a due”, aggiunge.

Investimenti e volatilità

Infine, parlando di investimenti, Debach ha le idee chiare. “È possibile ritenere che ci troviamo ancora nelle fasi iniziali di un mercato toro”, dice. “La volatilità che potrebbe manifestarsi nei prossimi mesi è vista come un'opportunità, data la ripresa degli utili e l'imminente, seppur ritardato, taglio dei tassi di interesse negli Stati Uniti”, spiega.

“Inoltre”, continua, “la significativa liquidità disponibile può favorire l'acquisto durante eventuali ritracciamenti significativi. Un particolare focus dovrebbe essere posto su regioni e segmenti come l'Europa e i settori ciclici, che beneficiano maggiormente di un ambiente di taglio dei tassi e mostrano valutazioni più contenute, offrendo così delle prospettive d'investimento favorevoli”, conclude l’analista finanziario.






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