Economia
Telecom, le strategie di Vivendi. Azioni da comprare solo se torna il Toro in borsa

In ballo ci sarebbero fondi pubblici per 6 miliardi di euro che fanno certamente gola anche a chi come Telecom Italia ha già messo nero su bianco, nel piano industriale di gruppo per il triennio 2015-2017, 10 miliardi di euro di investimenti (di cui 2,9 miliardi di euro per il solo sviluppo dell’ultrabroadband fissa con l’utilizzo della fibra ottica), con l’obiettivo di collegare attraverso la rete di nuova generazione in fibra (“Ngn”) entro fine piano il 75% della popolazione italiana. Logica vorrebbe che si procedesse a una unione di forze che potrebbe passare attraverso l’apporto di attività ad un veicolo societario ad hoc: i dubbi riguardano semmai a chi debba andare l’onore del controllo e l’onere dei maggiori investimenti (ma anche il beneficio di maggiori ritorni).
Parlare di politica industriale e di ripresa degli investimenti in Italia significa infine andare a sistemare due ulteriori partite strettamente connesse tra loro: da una parte il debito, pari a 29 miliardi di euro netti (oltre 40,4 miliardi lordi) a fine marzo, dall’altra la partita di “risiko” in corso nel settore in Europa e non solo. Di fatto Vivendi dovrà fare “pragmaticamente” una scelta: se rafforzare l’ultima controllata estera rimasta, appunto Tim Brasil, o confermare la sua strategia di uscita dal Brasile per concentrarsi solo sull’Europa, cogliendo tutte le occasioni possibili per rilanciare il mercato prima di procedere eventualmente ad un’integrazione europea. Del resto secondo Gervais Pellissier,responsabile delle operazioni per l’Europa di Orange, nei prossimi cinque anni vi sarà un consolidamento nazionale o intra europeo e gli attori che oggi si limitano a giocare su un singolo mercato o poco più (come Telecom Italia, Kpn, Swisscom o Belgacom) potrebbero finire preda dei gruppi più grandi.
Per giocare la partita dalla posizione più vantaggiosa Vivendi probabilmente continuerà ad irrobustire la propria posizione: i grandi soci italiani (Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo) hanno ancora un 7,6% di Telecom Italia in portafoglio, ma sono in uscita. Quanti di quei titoli finiranno a Vivendi e quanti eventualmente sul mercato (o in portafoglio alla CdP) non è ancora dato sapere, ma una scommessa su Telecom Italia potrebbe avere senso, soprattutto se Alexis Tsipras non farà saltare ogni ponte con la “troika” e per i titoli ciclici europei dovessero aprirsi nuovi spazi di recupero. In caso di turbolenza dei mercati, invece, il titolo potrebbe soffrire avendo già registrato un andamento nettamente migliore degli indici negli ultimi 12 mesi (+26% contro un guadagno di circa mezzo punto percentuale dell’indice Ftse Mib). Insomma: Telecom Italia è certamente da tenere d’occhio, ma da comprare solo in caso di una nuova fase rialzista di Piazza Affari, altrimenti meglio attendere che i giochi sull’ex monopolista italiano si facciano più chiari.
Luca Spoldi