Pressione fiscale/ In Borsa scatta la Tobin Tax. Ogni scambio costa lo 0,12% in più

@andreadeugeni
Da oggi c'è una tassa in più in Italia: la Tobin Tax, un prelievo sulle transazioni finanziarie voluto dal governo tecnico di Mario Monti e che prende il nome dell'economista americano James Tobin che l'ha teorizzato e che ha vinto il premio Nobel.
Secondo quanto stabilito da Palazzo Chigi, l'imposta, pari allo 0,12% sul controvalore delle operazioni di giornata (lo 0,1% dal 2014), si applica dal primo marzo ai trasferimenti di titoli e strumenti partecipativi emessi da società sul territorio italiano.
Il via libera alla Tobin Tax ha già suscitato diverse proteste tra gli addetti ai lavori. Le critiche sono di due tipi.
Il primo: se si vuole mettere le briglie alla finanza rendendola più disciplinata, la Tobin Tax è come curare una febbre a 40 con un panno di acqua bagnata fredda sulla fronte, dato il volume estremamente grande delle transazioni finanziarie che ogni giorno scattano sui mercati. Oltretutto, prevedere un prelievo all'interno di un'area economica uniforme come l'Unione Europea, in cui non tutti gli Stati applicano la Tobin Tax, ha solamente l'effetto di deviare da uno stato all'altro i flussi di capitale.
Mentre l'Ue e l'Italia spiegano che l'obiettivo è anche quello di porre un freno all'High frequency trading, gli intermediari finanziari sono preoccupati di assistere a un ridimensionamento del peso dei titoli italiani nei portafogli degli investitori esteri. Un timore alimentato dal fatto che - per il momento - la Tobin Tax in Europa verrà adottata solo da Italia, Francia, Germania, Spagna, Austria, Belgio, Portogallo, Grecia, Slovenia, Estonia e Slovacchia.
Il secondo tipo di critica alla Tobin Tax: il beneficio per lo Stato (che spera di raccogliere un miliardo di euro l'anno) sarà nullo perché compensato da minori entrate dall'imposta sul capital gain. Nello specifico, la Tobin Tax si applicherà a tutte le transazioni, indipendentemente dalla nazionalità dell'acquirente, su azioni di società italiane aventi capitalizzazione superiore a 500 milioni di euro (al 30 novembre 2012) a prescindere dal Paese di provenienza dell'ordine. Sono escluse quindi tutte le operazioni su società estere e su società italiane con capitalizzazione inferiore ai 500 milioni.