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Economia
Unicredit e Intesa Sanpaolo si lasciano la crisi alle spalle

Il sistema bancario italiano continua a recuperare in salute, come dimostrano i conti trimestrali dei due leader, Intesa Sanpaolo e Unicredit, tornati sui livelli pre-crisi 2008, e i dati di settore di Banca d'Italia. L'istituto guidato da Carlo Messina ha aperto il 2018 con risultati record grazie in particolare all'andamento delle commissioni e alla forte crescita del trading, a fronte di costi generali limati di un ulteriore 1% e di nuovi crediti in sofferenza a livelli molto contenuti.

Intesa Sanpaolo ha così registrato un utile netto trimestrale di 1,25 miliardi di euro, mentre il Common Equity Tier 1 è migliorato di 40 punti base arrivando a 13,4% (nonostante l'impatto negativo legato al primo utilizzo del nuovo principio contabile Ifrs9). La banca guidata da Jean-Pierre Mustier, invece, ha registrato un utile netto di 1,1 miliardi di euro e un CeT 1 pari al 13,06% (anche in questo caso nonostante un impatto di 104 punti base dall'applicazione delle nuove normative contabili).

Il CeT1 di Unicredit, inoltre, a fine anno dovrebbe risultare tra il 12,3% e il 12,6%, mentre per il 2019 dovrebbe risultare superiore al 12,5%, un livello, quest'ultimo, che se mantenuto potrebbe anche consentire a Unicredit di alzare il "payout" dall'attuale 20% (destinato a salire al 30% l'anno venturo) fino al 50% nei prossimi anni, una percentuale che a molti sembra ancora molto prudenziale rispetto agli obiettivi annunciati da Intesa Sanpaolo (che già parla di un futuro payout dell'85%). Il testa a testa tra i due principali gruppi creditizi italiani, dunque, prosegue, ma le strategie disegnate da Messina e Mustier restano tra loro differenti.

Il banchiere italiano ha premuto l'acceleratore sul risparmio gestito e proprio il buon andamento di tale business ha contribuito a far sì che dopo solo tre mesi Intesa Sanpaolo sia già arrivata ad un terzo dell'obiettivo di utile per l'intero esercizio. Il suo collega francese ha invece continuato a focalizzarsi sull'opera di pulizia del bilancio, riducendo i crediti deteriorati del 19,1% su base annua a 44,6 miliardi con un'incidenza sul totale dei crediti scesa al 9,5%, crediti deteriorati rappresentati da 25,2 miliardi di sofferenze, coperte al 73% e da 18,3 miliardi di inadempienze probabili, coperte al 44,1%. Una pulizia che proseguirà anche nel corso dell'anno, visto che Unicredit ha in previsione la cessione di altri 4 miliardi tra sofferenze e inadempienze probabili entro la fine dell'anno.

Da parte sua Messina ha invece confermato di essere interessato a dar vita a un'alleanza internazionale nel settore dell'asset management, "un business di scala" rispetto al quale Unicredit ha fatto un passo indietro cedendo il controllo di Pioneer Asset Management ad Amundi e in cui invece Intesa Sanpaolo vuole essere uno "dei leader in questo settore, per cui se possibile vogliamo arrivare a un'alleanza con un player globale che possa rappresentare un incremento di valore del gruppo per i nostri azionisti".

"Ci stiamo ancora lavorando" ha concluso Messina, intenzionato a valutare "le diverse opzioni, transazioni o alleanze strategiche" anche se lo schema di base a cui starebbe lavorando il gruppo è quello di una partnership che consenta alla banca italiana di entrare in una piattaforma all'avanguardia per quanto riguarda le tecnologie e la visione globale dei mercati e potrebbe prevedere anche uno scambio azionario, ma che comunque non metta in discussione il mantenimento del controllo delle attività di asset management.

Oltre che all'asset management Messina guarda anche al business delle polizze assicurative, in particolare al ramo Danni: nel primo trimestre i premi del business protezione sono risultati pari a 115 milioni, in linea con il risultato dell'anno precedente, ma con una buona crescita per i prodotti "non-motor" su cui si concentrerà il piano d'impresa 2018-2021 (dopo che il gruppo ha già raggiunto una posizione di leadership nel ramo Vita), coi prodotti Salute e Infortuni che hanno quasi raddoppiato i premi e i prodotti Casa e Famiglia che li hanno visti crescere del 40%. Come dire che dal solo asset manager, il focus della banca sarà d'ora in avanti sul "asset & risk manager".

 secondo gli ultimi dati resi noto stamane dalla Banca d'Italia, a marzo i prestiti erogati al settore privato (corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, sono cresciuti del 2,3% su base annua (dal +2,4% di febbraio).

Sullo sfondo, il settore bancario italiano continua a mostrare segnali di ripresa, con prestiti al settore privato cresciuti a marzo del 2,3% su base annua (in linea col +2,4% di febbraio), mentre i depositi hanno ulteriormente accelerato il passo (+6,0% dal +5,5% del mese precedente) e sofferenze in calo dell'11% (-10,8% il dato a fine febbraio). Unica nota parzialmente stonata continua ad essere la raccolta obbligazionaria, diminuita del 17,1% (comunque meno del -19,2% segnato in febbraio).

Sul fronte dei tassi (e dunque della redditività prospettica dell'attività bancaria), quelli sui nuovi prestiti alle imprese sosno scivolati all'1,54% (dall'1,54% in febbraio), quelli sui mutui sono risultati pari al 2,24% (dal 2,25% del mese precedente) e quelli per nuove erogazioni di credito al consumo all'8,38%: anche da questo si capisce come Messina e Mustier devono sperare che la ripresa in Italia prosegua senza intoppi, indipendentemente dai loro differenti approcci al business.

 

 

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