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Economia
Usa, Rosso chiede il fallimento pilotato. Si rafforza l'interesse per Cavalli

Stati Uniti amari per Diesel, marchio ammiraglio del gruppo Otb (Only the brave) che fa capo a Renzo Rosso e che già da tempo appare in affanno, nonostante gli sforzi fatti su prodotti e marketing, oltre che a livello di management col Ceo Marco Agnolin, ex Bershka, arrivato lo scorso anno per sostituire Alessandro Bogliolo (andato in Tiffany) con l’obiettivo di trovare un approccio più “fresco” al business, che ha appena fatto un passo indietro anche se resterà per qualche mese nel board per completare le attività già programmate in attesa della nomina del suo sostituto.

Renzo Rosso @ Paris Couture Week 01
 

La controllata statunitense Diesel Usa Inc ha infatti richiesto il Chapter 11, la procedura prevista dalla legge fallimentare americana per ottenere la protezione dai creditori. Una decisione che certo deve essere costata a Rosso, ma che a differenza di altri retailer non prevedere la chiusura dei 28 punti vendita presenti in undici degli Stati Uniti d’America (oltre a partnership con oltre 200 tra retailer specializzati, boutiques e centri commerciali tra cui Bloomingdales, Nordstrom Rack e Saks Fifth Avenue), bensì il rilancio del marchio Diesel attraverso anche l’apertura di nuovi store e l’adeguamento di negozi già aperti per riuscire a ridurne i costi di gestione.

Ciò nonostante e fermo restando l’impegno di ottenere il sostegno alla ristrutturazione dalla controllante italiana (non coinvolta direttamente nella procedura di amministrazione straordinaria), Diesel Usa ha segnalato come sussistessero le condizioni per rivolgersi al Tribunale del Delaware, ritenendo “che una transizione immediata e ordinata al Chapter 11 sia fondamentale per il mantenimento delle sue operazioni e che qualsiasi ritardo nel concedere lo sgravio richiesto potrebbe ostacolare le operazioni del debitore e causare danni irreparabili”. Come dire: va bene essere ottimisti, ma è inutile cercare di nascondere i problemi sotto il tappeto.

Secondo la documentazione presentata Diesel Usa, cui fa capo dal 1995 la distribuzione dei prodotti a marchio Diesel dal 1995, vale dai 50 ai 100 milioni di dollari (quasi 88,5 milioni di euro) a fronte di debito tra i 10 e i 50 milioni. Se a livello assoluto questi numeri non sembrano destare particolari preoccupazioni, perché Diesel Usa ha fatto ricorso al Chapter 11? La causa sarebbe stata determinata dal calo delle vendite, avvenuto in contemporanea con la nuova ondata di fallimenti della grande distribuzione a stelle e strisce, che tra le sue vittime ha visto anche i negozi usa di Kiko, la catene distributrice di cosmetici del gruppo Percassi, come pure colossi come Victoria’s Secrets o Gap, che hanno già iniziato a chiudere i punti vendita meno redditizi.

L’indebitamento massimo che un’azienda può sostenere è infatti quello per il quale i flussi di cassa sono pari al costo del capitale, ossia quel livello per cui il Roi (Return on investment, ritorno sul capitale investito) è pari al costo del debito. Tassi d’interesse che negli Usa hanno smesso da tempo di scendere coniugati ad una frenata delle vendite e dunque dei flussi di cassa comportano un abbassamento dell’indebitamento sostenibile tanto più, come ha spiegato Diesel Usa nella sua domanda, a fronte di episodi di frodi informatiche e i contratti leasing particolarmente onerosi.

Ecco dunque la necessità per Rosso di tagliare i costi, a partire dall’affitto dei locali, e cercare di aumentare nuovamente i flussi di cassa, così da migliorare i margini reddituali e rendere l’indebitamento sostenibile. Mentre ristruttura le sue attività negli States Rosso potrebbe anche essere tentato dal lanciare un’offerta su Roberto Cavalli, maison finora controllata dai Clessidra Sgr (intenzionata però ad uscire) e da soci di minoranza come il fondo L-GAM e dalla cinese Chow Tai Fook Entreprises.

Cavalli, che in Italia ha presentato una domanda di concordato in bianco al Tribunale di Milano, negli Usa sembra affrontare una crisi anche più impegnativa di quella di Diesel, visto che nei giorni scorsi ha chiuso tutti i suoi punti vendita a stelle e strisce chiedendo il Chapter 7, che a differenza del Chapter 11 è una richiesta di concordato liquidatorio, lasciando a casa i 93 dipendenti americani.

Ad oggi per Roberto Cavalli, che negli States poteva sinora contare su 7 negozi diretti, un corner e quattro outlet, in grado di realizzare un fatturato di circa 26 milioni di euro (il 17% dei 152,4 milioni con cui si è chiuso il 2017, cifra che nel 2018 dovrebbe essere risalita a circa 160 milioni), ricavi che a Rosso, che con le diverse attività di Otb fattura oltre 1,5 miliardi l’anno di cui 232 milioni nelle Americhe complessivamente, potrebbero fare comodi per rafforzare i conti di Diesel Usa Inc, reduce da sei anni di bilanci in rosso e con un giro d’affari dimezzatosi nello stesso periodo a circa 104 milioni di dollari (93 milioni di euro). 

Così non stupisce che da settimane si parli con insistenza di un’offerta di Otb (che fino al 2011 era stata licenziataria del marchio Just Cavalli), in concorrenza con quelle dello stilista tedesco Philippe Plein (in cordata col fondo Blue Skye) e di Blue Star Alliance. Sempre che la ristrutturazione di Roberto Cavalli, che ancora non genera cassa e ha debiti per circa 45 milioni verso le banche, non finisca con l’apparire troppo impegnativa per chi è già impegnato a ristrutturare le proprie attività, o che gli altri pretendenti non alzino troppo il prezzo.

 

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